Bellini al San Carlo

Napoli: Jessica Pratt è Beatrice di Tenda

Jessica Pratt
Jessica Pratt
Recensione
classica
Teatro San Carlo di Napoli
Beatrice di Tenda
23 Settembre 2023

Napoli ha regalato, sabato 23 settembre 2023, il ritorno di Beatrice di Tenda di Bellini, a più di sessant’anni dall’ultima rappresentazione per la stagione del Teatro San Carlo, in forma di concerto ed eseguita nella nuova edizione critica curata da Franco Piperno, che restaura infiniti particolari nella strumentazione e nelle linee vocali. Una dramma di donne nella spirale del potere, successiva alla Norma, precedente ai Puritani (Parigi 1835), debuttò al teatro La Fenice di Venezia il 16 marzo 1833. Ultima opera ‘italiana’ di Bellini, che guarda a Rossini, e forse più vicina a Donizzetti (Anna Bolena 1830), un'opera senz'altro non atipica, di segrete affinità tra amore e morte, apertamente intellettuale e politica, di una delle personalità più affascinanti e più complesse della musica del Diciannovesimo secolo.

Gradevole cantava – ma con qualche sbavatura - il coro, cerca il meglio nel finale. Buono il Filippo di Andrzej Filonczyk, cinico il tenore Matthew Polenzani, Orombello, che dosa la voce con saggezza, sanguigno - se ne sentiva il pathos davanti l’orchestra. Anichino Li Danyang e Rizzardo Sun Tianxuefei allievi dell’Accademia Teatro di San Carlo, entrano decisi a far bene. Ma la vera ventata di bel canto la portava Jessica Pratt in Beatrice, sempre applaudita con enorme entusiasmo, morbida nei fraseggi sofferenti, pastosa nel pianissimo, sorprendentemente scura nell'amore perduto. Tanti contrasti, come vuole la partitura. Così pure il baritono, anche se poco scuro, riesce bene nel ruolo di Filippo, con vistoso fascino. Una bravissima Chiara Polese in Agnese domina il personaggio con perizia, mezzosoprano vocalmente sfaccettato, con chiaroscuri, diminuendi, legati preziosi. Anche lei dell’accademia del San Carlo. Tutt'intorno, il coro come in un anfiteatro commenta e accompagna nel tragico finale. La performance migliora addirittura nella seconda parte, concertato con perpetua espansione da Giacomo Sagripanti – per giungere in un gran finale in discesa verso “abissi” sonori e di morte - si svincola dai possibili disturbi di una messinscena e contribuisce alla riuscita dei cantanti.

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