In Belgio “Brodeck” diventa una riuscita opera

All’OperaBallet Vlaanderen il debutto dell’opera con musica e libretto del compositore Daan Janssens e regia di Fabrice Burgia

Brodeck (foto Annemie Augustijns)
Brodeck (foto Annemie Augustijns)
Recensione
classica
Gand, Vlaamse Opera
Brodeck
29 Febbraio 2024 - 09 Marzo 2024

Il romanzo pluripremiato Le rapport de Brodeck dello scrittore francese Philippe Claudel – in Italia pubblicato con il titolo Il Rapporto – è apparso nel 2007 e ha avuto subito un grande successo, tanto da diventare presto anche una bande dessinée, un fumetto, a firma del francese Manu Larcenet con altrettanta fortuna di pubblico.

Anche il compositore belga Daan Janssens ne è rimasto colpito, tanto da decidere di farne il soggetto della sua terza opera, in collaborazione con il regista Fabrice Murgia con cui Janssens ha già lavorato insieme nell'opera da camera Menuet. Il lavoro è stato presentato in prima mondiale nelle Fiandre dall’OperaBallet Vlaanderen di Anversa e Gand e la prossima stagione andrà in scena in Francia, all'Opéra National de Lorraine di Nancy con cui è coprodotta.

La versione operistica riesce a conservare tutta la tensione di una storia drammatica che si comprende, nel disegno generale, solo alla fine, ma sempre lasciando aperte delle ipotesi. Brodeck è incaricato di scrivere il rapporto su un presunto omicidio, affinché nessuno dimentichi, ma in realtà l’evento è tanto doloroso che tutti vorrebbero che non ne resti traccia. Ma ciò è impossibile, come dimostra il bellissimo finale con la bambina accanto al rapporto in fiamme, perché se il documento è stato distrutto la bimba, frutto di una violenza, non si può eliminare altrettanto facilmente.

Brodeck (foto Annemie Augustijns)
Brodeck (foto Annemie Augustijns)

L’azione si svolge in un villaggio sperduto e Brodeck, interpretato dal bravissimo baritono franco-australiano Damien Pass, deve scrivere della scomparsa di uno sconosciuto, "Der Anderer" (l'Altro), ma lui stesso è uno sconosciuto, non è nato nel villaggio ed ha un passato di prigioniero di guerra con cui deve fare i conti. “Der Anderer”, l’altro, è interpretato invece da un grande attore teatrale belga, Josse De Pauw, che recita con voce sublime ed ha l’aspetto del Cristo nella Sindone. Der Anderer è un ritrattista talmente bravo che nei suoi lavori tutti si vedono come in uno specchio, solo che non a tutti piace quello che vedono, e da qui forse l’omicidio.

Un intreccio di eventi e di riflessioni sull’integrazione del diverso, ma anche sull’accettazione di sé stessi, sul rapporto tra colpa e responsabilità, sul lato oscuro che c’è in ognuno di noi, che turba profondamente  e fa male come un pugno nello stomaco. L'opera è cantata in francese, con la musica che non solo suggerisce l’ambiente, anche psicologico, delle diverse scene ma è strettamente legata alle parole, è a tratti quasi una loro emanazione, ed Janssens ha scelto di sovrapporre tanti stili e motivi d’ispirazione, analogamente all’intreccio che si svela per tasselli e passaggi successivi racchiudendo decenni di speranze quanto di orrori.

Il risultato è assai affascinante e il direttore d'orchestra svedese Marit Strindlund, alla guida dell’ Opera Ballet Vlaanderen Symphony Orchestra ne rende bene la complessità, alternando movimenti delicati a sferzate violente. Tra i momenti più lirici quelli affidati al soprano italiano Elisa Soster che interpreta Emélia, la moglie di Brodeck che supera la violenza subita solo grazie all’amore per quest’ultimo. Bravo tutto il cast,  tra cui il il contralto olandese Helena Rasker nel ruolo di Fédorine, il tenore Thomas Blondelle nel doppio ruolo di Göbbler e Peiper, il baritono Kris Belligh nel ruolo di Schloss, il basso-baritono Werner van Mechelen nel ruolo di Orschwir e il basso Tijl Faveyts nei ruoli di Büller e Ulli. Ottima prova anche del Coro, con bambini bravissimi, dell’Opera Ballet Vlaanderen.

Brodeck (foto Annemie Augustijns)
Brodeck (foto Annemie Augustijns)

Tanti i personaggi, ognuno portatore di un dramma, caratterizzati in modo ironico dai costumi di Ester Gluck, come il sindaco che ha una cresta punk, costumi che hanno inoltre il merito di rappresentare il totalitarismo non con i soliti riferimenti visuali nazisti rendendo così la storia ancora più universale. Le scenografie di Vincente Lemaire, basate sul un piano roteante che pure consente di mostrare contemporaneamente più piani d’azione è funzionale al libretto, così come la presenza di camera men che riprendono in diretta primi piani degli artisti, pratica ormai di cui un po’ si abusa, ma che qui invece non è solo una moda ma funzionale al ruolo dei ritratti come specchio dell’anima. Ed altrettanto funzionali alla storia sono le proiezioni che Murgia utilizza per raccontare del cavallo, pure vittima innocente, oppure dei maiali “che tutto mangiano senza lasciare traccia”, immagini metaforiche che, al pari della musica di Janssens, scombussolano, disorientano, lasciandoci angosciati perché senza più certezze.

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