Bahrami per Roberto

Il pianista iraniano sorprende e incanta con il "suo" Bach offerto alla memoria di Verti.

Recensione
classica
Università di Bologna Bologna
Johann Sebastian Bach
21 Maggio 2006
A due mesi dalla morte improvvisa, gli amici ed estimatori di Bologna, sua città d'adozione, hanno voluto dedicare al critico musicale Roberto Verti una serata in ricordo: poche parole, quelle commosse di Giordano Montecchi, che ne ha tracciato il profilo umano e professionale come insostituibile osservatore della realtà culturale della città, e una sola musica, "L'arte della fuga". Interprete d'eccezione: Ramin Bahrami, il trentenne pianista iraniano legato da riconoscenza a un Verti che ebbe a segnalare tra i primissimi il talento eccezionale dell'artista. Il binomio Bach - Bahrami è diventato in breve tempo un classico, dopo che le sue registrazioni delle "Variazioni Goldberg" e delle "Partite" sono state salutate fra i pochi eventi discografici degli ultimi tempi. Quasi prova generale dell'imminente registrazione dell'"Arte della fuga", questa sua esibizione ha confermato il talento geniale dell'interprete, che partendo da una tecnica agguerritissima ma non ostentata, dà poi libero sfogo a una fantasia tanto imprevedibile quanto contenuta all'interno delle ragioni stesse del testo. La sua esecuzione è asciutta ma niente affatto clavicembalistica, giacché sottopone continuamente il testo al doppio regime forte-piano, legato-staccato in varie combinazioni, con anche frequenti scarti agogici. Ne esce un'"Arte della fuga" caleidoscopica, eppure sottilmente malinconica nel suo Re minore pervasivo, tinta espressiva sottolineata con grande opportunità dalla penombra in cui è stata mantenuta la sala per l'intera esecuzione. Il riconoscimento calorosissimo del pubblico, in cui si mescolavano sentimenti di varia natura, è stato coronato da un ibrido culturale che sarebbe assai piaciuto al nostro Verti: un "Love me tender" arrangiato quasi a notturno chopiniano.

Interpreti: Rahmin Bahrami, pianoforte

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