Come sopravviveranno le città della cultura?

A Roma si sono svolti gli Stati Generali della Cultura

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Roberto Grossi, presidente di Federculture, ied Anci, Upi, Conferenza delle Regioni e Legautonomie, hanno convocato a Roma, all'Auditorium Parco della Musica, gli Stati Generali della Cultura in Italia a seguito degli ultimi tagli della manovra finanziaria. L'appuntamento "Le Città della Cultura. Valorizzazione, partecipazione, competitività" è una prima occasione per sindaci, amministratori, rappresentanti delle imprese e delle associazioni di confrontarsi sugli effetti della manovra. Se è vero che il FUS ne esce indenne, il finanziamento dei comuni ha visto abbattersi pesantemente la scure dei tagli. Non bisogna nascondersi dietro ad un dito: lo Stato investe in cultura 1.5 miliardi d'euro (0,2% del PIL!), i comuni sei volte tanto! Togliere loro equivale a ridurre l'offerta culturale. Alla luce della finanziaria, il taglio che gli enti locali saranno obbligati ad operare sarà del 30%. "In altre parole, bruciamo buona parte della manovra comprimendo un settore che crea ricchezza", dice Grossi. Se il trend dei finanziamenti alla cultura è negativo (-30% circa nell'ultimo decennio), invece il turismo culturale è cresciuto ( 53% nel medesimo decennio). Ma l'Italia è passata dalla pole position degli anni '70 ad essere solo il quinto paese più visitato nel mondo: secondo il World Economic Forum occupa il 27° posto nella classifica mondiale in base alla competitività complessiva dell'offerta e dell'industria turistica. Tutto questo sembra non stare a cuore del Governo... infatti, la cecità dell'iniziativa: tagli alla cultura incidono su un settore che rappresenta un valore stimato nel 2.5% del PIL equivalente a 50 miliardi di euro senza contare la riduzione dell'attrazione dell'Italia-deserto culturale per il visitatore da un lato e terreno di fuga degli operatori culturali dall'altro. Insomma, è il gatto che si morde la coda. Alla lucida analisi ed all'accorato grido di dolore, ha fatto seguito un articolato momento propositivo: riforma della fiscalità per agevolare investimenti privati nella cultura; riduzione dell'Iva per gli interventi di restauro del patrimonio com'è in molti Paesi europei; estensione dell'8 per mille anche a musica e teatro come alla conservazione del patrimonio; modifica dei meccanismi di selezione e di rendicontazione degli interventi Arcus ed innalzamento dal 3% al 5% della quota del fondo infrastrutture gestito dalla Spa del Ministero per gli interventi nei beni culturali; approvazione della riforma della legge dello spettacolo, arenata da anni in Parlamento; introduzione di costi standard al fine di promuovere l'efficienza di spesa; priorità agli interventi in favore di produzione e gestione del patrimonio e delle infrastrutture esistenti, prima della programmarne di nuove. Insomma, il proverbiale buon senso della brava massaia ha prevalso. (Franco Soda)

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