Futuristi per caso

Successo del concerto finale di Transart

Recensione
classica
E furono applausi. No, non c’è stata l’occasione di eseguire i pezzi tagliati come bis, ma sì, abbiamo conquistato il pubblico! Solamente se consideriamo il freddo della serata e pensiamo che il suono dello stropicciatore ricorda quello prodotto da un archetto inesperto che gratta con insistenza la corda di un violino, possiamo affermare che è stato un successo dal momento che nessuna delle persone presenti si è allontanata durante il concerto. Ma il gradimento degli ascoltatori è andato ben oltre, grazie sicuramente alle partiture contemporanee che di fatto hanno presentato, come si sperava, le potenzialità espressive dell’orchestra futurista. La serata si è aperta con il dovuto omaggio alla storia del futurismo nella "Pioggia nel pineto antidannunziana" di Paolo Buzzi, per proseguire con il brano di Nick Hallet, che coinvolgeva le voci del basso-baritono Ivo Rizzi e del basso Nicholas Isherwood. Se, come ci hanno raccontato i presenti, i brani dove compariva la voce (incantatrice quella di Margareth Kammerer nel suo "Blues di onde cerebrali notturne") risultavano immediatamente interessanti, applausi di consenso sono scattati anche dopo il brano di Mike Patton, forse il pezzo acusticamente più violento. La presenza scenica di Blixa Bargeld nella lettura della ricetta dei "Gamberetti Eroica", struttura portante del suo secondo brano, ha stregato il pubblico. Nelle migliori delle aspettative, è poi calato il silenzio (difficilissimo per un concerto all’aperto posizionato vicino all’ingresso della biblioteca comunale!) durante l’esecuzione del delicatissimo brano di Fei, fatto di impercettibili vibrazioni e lunghe pause cariche di tensione. Punto centrale della scaletta è stato il pezzo di Sylvano Bussotti, che, in pieno stile futurista (compreso il panciotto), lasciava spazio alla libertà improvvisativa degli intonarumori tra parole e le note di un pianoforte. L’ultima parola è stata data, giustamente, a Luigi Russolo e al suo frammento da "Risveglio di una città".
Tra ieri ed oggi ho ripensato alle giornate di workshop per scegliere l’episodio più rappresentativo a suggello di quest’esperienza. Credo che valga per tutti ciò che è successo proprio ieri sera, alla fine del concerto. Senza aver programmato nulla, senza aver ricevuto richiesta o indicazione alcuna, ci siamo ritrovati tutti sul palco, ciascuno di noi a spiegare a parenti, amici e pubblico incuriosito la magia degli intonarumori, dal funzionamento meccanico alla notazione delle partiture. Non si trattava di aver assimilato delle nozioni, quanto di aver fatto propria, con entusiasmo ed interesse, la ricerca di Chessa e quindi un pezzo della nostra storia musicale. Grazie Luciano! Ululati di saluti rombanti.

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