Il suono di Parma

Il successo di Traiettorie

Recensione
classica
Assodato che Parma non è Salisburgo, né Bayreuth, prosciugate le casse comunali, i parmigiani si devono essere accorti che la musica è cosa da coltivare e preservare con sobrietà e pazienza perché possa assolvere a quella preziosa funzione artistica e spirituale che le compete, e accorrono, in massa, al concerto di Traiettorie. Il festival di musica contemporanea, dopo ventiquattro anni di caparbia navigazione controcorrente, si toglie questa non piccola soddisfazione. Al Teatro Farnese si esegue Risonanze Erranti, un brano di Luigi Nono (1986) che vive di una dimensione politica e filosofica (la dedica fu a Massimo Cacciari) dai tratti commoventi. La musica non è più “musica”, ma suono organizzato. Risonanze, come recita il titolo, che uscite dalla voce di soprano e dagli strumenti dell’ensemble (direttore Marco Angius) riecheggiano attraverso effetti elettroacustici e diffusori disposti intorno alla sala (regia del suono di Alvise Vidolin, live electronics di Luca Richelli). In questa sorta di puntillismo sonoro, di estrema sintesi, frammentazione che gli valse il superficiale epiteto di post weberniano, Nono seppe creare con incredibile maestria momenti di poetico, coinvolgente lirismo, ma soprattutto restituire la dimensione di un teatro sonoro in cui egli doveva vedere le macerie di un’umanità che si agita nel disperato bisogno di un’utopica via di salvezza. “Pain”, “crime”, “ahimè”, “Tränen”, “Finsternis” (dolore, crimine, lacrime, tenebre), sono alcune delle parole sussurrate, accarezzate, gridate dalla bella voce di Katarzyna Otczyk, testi poetici e musicali dove la memoria antica (Guillaume de Machaut, Josquin Desprez, Johannes Ockeghem) si confonde con la dimensione panlinguistica del mondo contemporaneo.

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