Carter, il compositore che trovava

Era curioso, e classico

Recensione
classica
Fra poche settimane, in dicembre, avrebbe compiuto 104 anni. Nell’ultima intervista, concessa nella sua casa newyorkese del Village, la stessa dal 1945, Elliott Carter diceva di essere alle prese con Balzac, testo in francese, formato e-book. Basta questo piccolo e apparentemente insignificante dato per capire tante cose su di lui. Innanzitutto la passione per l’Europa, che conobbe ai tempi della Boulanger, e frequentò con regolarità, identificandosi nella cultura europea quasi più che in quella americana. Carter fu amico di Boulez e soprattutto, fraternamente, di Goffredo Petrassi. Amò la poesia italiana, e il suo "Tempo e Tempi" (dall’omonima poesia di Montale, titolo che sembra una sintesi perfetta del linguaggio di Carter), è non solo un magnifico pezzo di musica, ma una esegesi della poesia di Montale, vera, raffinata e mai pedante. Ebbi la fortuna di ascoltarlo a New York in sua compagnia, al Lincoln Center, solo pochi anni fa. Tornando al Balzac letto sul kindle, è magnifica e assieme commovente la curiosità, la vivacità intellettuale - prodigiosa e mai esibita - che spinge un signore ultracentenario a sperimentare (e con piacere) l’e-book. Carter non è mai stato un esponente delle avanguardie, in fondo, appartiene a quella aristocratica e rara progenie di compositori che non cercano; trovano. La sua musica non ha mai fatto ricorso ad appigli ideologici per legittimarsi, e sempre, sin dai tempi di "Pocahontas" del ’39, si è posta come un classico. Un classico capace di intuizioni rivoluzionarie, come quella modulazione del tempo (o modulazione metrica) che dagli anni Cinquanta caratterizza la gran parte del suo catalogo. Senza mai rinunciare, nemmeno nei momenti di accensione drammatica e di incandescenza espressiva, ad un adamantino, apollineo, classico – infatti – controllo di ogni nota, di ogni accento, di ogni disegno ritmico. Un vero, grande Maestro che, nel foyer del Lincoln Center, in occasione dei suoi cento anni, mi disse, non senza un pizzico di amabile vanità: “Sono gentili, qui, a celebrarmi; ogni pomeriggio un concerto di mie musiche. Ma per me non è poi un grande favore occupare il mio tempo andando ai concerti: ho ancora tanto da scrivere!”.

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