Di Paolo Spaccamonti abbiamo scritto più volte su queste pagine (ad esempio qui, qui e qui). Con quattro album e numerose collaborazioni di prestigio al suo attivo, il chitarrista e compositore torinese è diventato ormai uno dei nomi di punta della scena indipendente italiana. Questo nuovo capitolo lo vede collaborare con Stefano “Fano” Roman, anche lui torinese, produttore con la passione per i beat hip hop. Il progetto Spano ha dato come frutto l’album omonimo, in uscita per l’etichetta Love Boat Records & Buttons di Andrea Pomini e Liza, la neonata etichetta di Spaccamonti.
– Leggi anche: Paolo Spaccamonti, un capolavoro di poche parole
Visto che ci è concesso, ne approfittiamo per chiacchierare con Paolo Spaccamonti. Ci accomodiamo nel dehor di un locale, pinte d’ordinanza davanti e registratore acceso.
«Il progetto è nato un po’ di tempo fa: con Fano ci conosciamo da anni, lui è un producer di hip hop con cui ho già collaborato in passato. All’inizio, un po’ ingenuamente, avevamo pensato di coinvolgere nel progetto alcuni rapper internazionali, proponendo i nostri brani come basi, ma abbiamo rapidamente fatto marcia indietro. Prima ancora di ascoltarli, questi volevano vedere i soldi, i soldi ovviamente non c’erano e quindi abbiamo lavorato sulle canzoni, originariamente più lunghe perché avrebbero dovuto fare da supporto alle voci, le abbiamo riarrangiate e fatte diventare come delle pillole: ecco, questo disco è una raccolta di pillole».
«Non ci siamo limitati a incidere la mia chitarra sulle basi, abbiamo lavorato insieme in studio e poi Stefano ha editato il tutto con un sapiente lavoro di “taglia e cuci”, insomma ha fatto il lavoro in cui è bravo. Deve essere chiaro che Spano è un nuovo gruppo, è qualcosa di diverso da ciò che ho fatto finora. Non è Paolo Spaccamonti più Fano, è Spano e ci tengo a sottolinearlo».
«La collaborazione con Love Boat – riprende Spaccamonti - è nata casualmente: avevo mandato a suo tempo il file ad Andrea Pomini e lui, a differenza tua – ops, beccato! – l’aveva ascoltato e poi mi ha contattato qualche mese fa chiedendomi che fine avesse fatto quel progetto e lì abbiamo deciso di riprenderlo in mano. Ancora una volta, come già successo in passato, il disco è il frutto di una collaborazione interamente locale».
«Dal punto di vista artistico, la pandemia in Italia ha fatto esplodere una situazione già critica: gli artisti non hanno tutele e quindi hanno fatto una fatica enorme ad affrontare un lungo periodo di fermo. Per mia fortuna ho un lavoro part-time che mi ha permesso comunque di tirare avanti. Ovviamente non ho potuto, come tutti, esibirmi dal vivo ma per mia fortuna ho lavorato alle musiche di spettacoli teatrali e questo mi ha permesso di compensare parzialmente la mancanza dei concerti».
«C’è l’idea di suonare il disco dal vivo ma senza fretta: siamo entrambi piuttosto impegnati su altri fronti e quindi l’obiettivo è quello di partecipare a qualche festival “mirato”, senza l’ossessione di suonare ovunque. Stiamo alla finestra, curiosi perché non sappiamo ancora cosa succederà. Per me è fondamentale poter fare cose diverse: approccio qualcosa di nuovo, di diverso, attingo e riparto. Avere un disco in uscita è sempre una gioia, poi questo uscirà il 18 giugno, una data insolita, possiamo definirlo un disco per l’estate».
La chiacchierata prosegue e parliamo di cinema, di Scorsese, di colonne sonore, di Ennio Morricone, ma tutto ciò è cosa nostra (ecco, abbiamo parlato anche di Joe Pesci e come vedete ne sono stato contagiato).
Due cultori dei loop che s’incontrano, loop precedentemente declinati con altre finalità e in quest’occasione funzionali alla creazione di otto episodi scuri senza essere grevi – penso soprattutto a “Horace”, dove la chitarra di Spaccamonti ci azzanna il cuore e noi siamo in un deserto texano e all’orizzonte vediamo un tornado in minaccioso avvicinamento, e ad “A.s.e.e.” col suo beat incalzante e la chitarra che non sfigurerebbe nella colonna sonora di un thriller – e in alcuni momenti quasi ballabili, ma è un ballo sul posto ondeggiando la testa.
Citiamo le parole di Fano riportate nel comunicato stampa: «Non stiamo parlando di chitarra nell'elettronica o nel rap. Non c'è separazione tra le cose, non c'è un aggiungere qualcosa sopra altro. Il mio approccio è quello di campionare qualsiasi cosa, ogni singolo hi-hat o tom arriva da qualche vecchio disco e ha la sua personalità. Avere Paolo, con il quale condivido moltissimo il gusto e l'approccio alla musica, è stato pazzesco. Le chitarre non sono chitarre, sono arrangiamento, dettaglio, loop portante. Sono tutto, come lo è il resto. Niente è protagonista, ma tutto lo è».
«Niente è protagonista, ma tutto lo è».
Pillole, piccole istantanee urbane, frammenti che contribuiscono a formare un insieme compiuto e soprattutto di grande fascino.
P.S. Due appuntamenti da segnalare: il primo sarà giovedì 24 giugno all’Imbarchino del Valentino, a Torino, con il release party in onore di Spano, mentre il secondo sarà venerdì 16 luglio quando Paolo Spaccamonti e Ramon Moro, trombettista torinese, si ritroveranno nuovamente su un palco all’interno dell’Osservatorio di Pino Torinese per A Starlight Serenade, anteprima della rassegna Jazz is Dead che, dopo un anno di sosta forzata, farà il suo ritorno dal 10 al 12 settembre in una cosiddetta light version. L’ingresso sarà gratuito, previa prenotazione obbligatoria al seguente link.