Paolo Pinamonti alla guida del Macerata Opera Festival

In vista dell’inaugurazione, il prossimo 19 luglio, del cartellone 2022 abbiamo intervistato Paolo Pinamonti, nuovo direttore artistico della manifestazione marchigiana

Paolo Pinamonti (foto Luna Simoncini)
Paolo Pinamonti (foto Luna Simoncini)
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classica

A pochi giorni dalla inaugurazione del Macerata Opera Festival, il 19 luglio con la Nona Sinfonia di Beethoven, protagonisti Zubin Metha e l’Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino, fervono i preparativi e crescono le aspettative per una edizione che si prefigura per diversi aspetti ricca di novità rispetto a quelle precedenti. Novità nella direzione del festival, con Paolo Pinamonti che succede a Barbara Minghetti nella direzione artistica e Donato Renzetti a Francesco Lanzillotta nella direzione musicale; novità nella programmazione, che propone accanto a tre titoli operistici, Tosca (diretta da Donato Renzetti, regia di Valentina Carrasco), Pagliacci/The Circus (direzione Thimothy Brock e regia Alessandro Talevi) e Il barbiere di Siviglia (direzione di Alessandro Bonato e regia di Davide Menghini) anche un consistente nucleo di concerti sinfonici, tutti beethoveniani: oltre a quello inaugurale, Myung-Whun Chung dirigerà l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia il 21 luglio con la Sesta e Settima sinfonia, mentre Jan Lisiecki nel doppio ruolo di pianista e direttore eseguirà i cinque concerti per pianoforte e orchestra il 4 e 6 agosto. Completa il calendario sinfonico il concerto del direttore musicale del festival, il 30 luglio, con musiche tutte americane (Gershwin, Williams, e la Nona di Dvořák).

Aspettando l’inaugurazione abbiamo incontrato Paolo Pinamonti, musicologo, docente presso la Ca’ Foscari di Venezia ma anche uomo di teatro da oltre vent’anni, con un curriculum di direttore artistico alla Fenice di Venezia, al teatro São Carlos di Lisbona, alla Zarzuela di Madrid, al San Carlo di Napoli, oltre che in diversi festival spagnoli e portoghesi.

Paolo Pinamonti (foto Luna Simoncini)
Paolo Pinamonti (foto Luna Simoncini)

Nella programmazione di questa edizione del MOF è già evidente una sua impronta personale, come l’interesse e gli studi sui rapporti tra musica e cinema, e quelli su Falla e la musica del 900. Questa impressione corrisponde al vero?

«È inevitabile che il lavoro di ricerca svolto nel corso degli anni si rifletta sulle scelte di oggi. Riguardo al tema del rapporto tra musica e cinema, sono profondamente d’accordo con l’intuizione critica del grande studioso Giovanni Morelli, nel suo ultimo libro Prima la musica poi il cinema. Quasi una sonata: Bresson, Kubrick, Fellini, Gaàl (Venezia, Marsilio, 2011) dove afferma che il cinema, nato alla fine del secolo XIX, può essere anche visto come una prosecuzione delle tensioni espressive dell’opera in musica e della grande tradizione strumentale ottocentesche. Il dialogo tra queste diverse forme di espressione è palese nel dittico The Circus/Pagliacci, dove presenteremo il film di Chaplin con la musica eseguita dal vivo accostato all’opera di Leoncavallo. Questo accostamento si fonda anche su ragioni “biografiche”. Lo stesso Leoncavallo nel 1912 diresse la prima esecuzione assoluta degli Zingari il 16 settembre 1912 al Teatro Hippodrome di Londra, dove si era esibito anche Chaplin undicenne nella pantomima Cinderella. Timothy Brock, il direttore musicale della serata, ha restaurato la partitura originale del film, composta da Chaplin nel 1928, creduta perduta ma ritrovata in un archivio svizzero, e gli eredi della famiglia Chaplin ci hanno autorizzato a presentarla in prima mondiale, dopo l’esecuzione del 1928. In questa musica originale di Chaplin e Arthur Kay riecheggiano anche alcune melodie ispirate all’opera di Leoncavallo!».

Se non sbaglio anche negli altri due titoli in cartellone, Tosca e Il barbiere, le scelte registiche sono orientate verso il mondo del cinema….

«È vero, in Tosca, come sappiamo, l’ambientazione storica è molto vincolante, perché la vicenda si svolge in una data precisa, il 14 giugno 1800 nell’epoca della caduta della Repubblica romana. La regista Valentina Carrasco ha immaginato Tosca come il film che una grande casa di produzione cinematografica americana sta girando, in un sottile gioco di rappresentazioni, che, del resto, rispecchiano quel gioco tra realtà e finzione teatrale che la stessa protagonista spiega a Cavaradossi pochi momenti prima della fucilazione. Il barbiere invece, il cui testo, come ricordava Massimo Mila, può essere letto come una forma di quello che Artaud chiamava il théâtre de la cruauté, dove i diversi personaggi sono tutti mossi da interessi personali e da un forte cinismo,   trova oggi un adeguato rispecchiamento nei tristi reality show televisivi contemporanei».

Arena Sferisterio di Macerata (foto Alfredo Tabocchini)
Arena Sferisterio di Macerata (foto Alfredo Tabocchini) 

A proposito di regie, esistono regie tradizionali e regie innovative?

«Questa è davvero una diatriba inutile, un falso problema, perché non esistono le tradizioni interpretative, si tratta di una pura invenzione. Il vero problema è la qualità dello spettacolo, la coerenza, il buon gusto e la sensibilità di chi si assume la responsabilità di interpretare l’opera. Che deve essere rispettata, pur nel dialogo con la contemporaneità».

Nelle prossime programmazioni intende proporre titoli di repertorio? O magari recuperare opere meno note?

«Si tratta di un tema delicato, perché dobbiamo lavorare per un teatro da 2.500 posti per un totale di 40mila presenze nella stagione. È chiaro che il grande repertorio dà meno problemi di comunicazione e pubblicizzazione; purtuttavia sono convinto che nella programmazione triennale si debba cercare di coniugare questa esigenza con la necessità di un ampliamento e rinnovamento dei titoli, proponendo opere di repertorio ma mai presentate a Macerata, o presentate poco frequentemente. Vorrei dare spazio anche alla musica del ‘900 e a quella antica, e per questi ambiti che interessano un pubblico più ristretto abbiamo a disposizione il magnifico Teatro Lauro Rossi. Un aspetto di novità del festival di quest’anno è la presenza allo Sferisterio di alcuni appuntamenti sinfonici, che grazie alle celeberrime bacchette, agli altrettanto famosi complessi orchestrali e all’importanza del repertorio eseguito sono pensati per attirare un pubblico ampio. Nel progetto di programmazione triennale, inoltre, accanto alla lirica e alla musica sinfonica sarà sempre presente anche la danza, e quest’anno proporremo Fuego con la compagnia di Antonio Gades, sulle musiche de El amor brujo di Manuel de Falla, balletto molto famoso che nel 2014 in occasione del decennale della morte di Antonio Gades avevamo proposto a Madrid, dove non era stato mai presentato.  Ora Fuego sarà a Macerata».

Il cartellone è completato da una serata dedicata a Mascagni, autore della colonna sonora del film Rapsodia satanica del 1917, proiettato sul muro dello Sferisterio. La direzione della partitura è affidata a Marcello Panni.

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