Il Festival di Ambronay guarda ai giovani

Gli emergenti nel progetto del Festival

Abbaye d'Ambronay: Lumière de Verre( Foto Bertrand Pichène - CCR Ambronay)
Abbaye d'Ambronay: Lumière de Verre( Foto Bertrand Pichène - CCR Ambronay)
Articolo
classica

Le premesse e le promesse ci sono. Da diversi anni il programma europeo Eeemerging+ sostiene per cicli triennali giovani gruppi musicali che desiderano crescere artisticamente e professionalmente e che aspirano a entrare nel circuito internazionale della musica antica. Dal 2014 il Centre culturel de rencontre d’Ambronay (CCR) li inserisce nel programma della sua rassegna annuale riservandogli uno spazio che figura come un festival nel Festival. In qualità di partner capofila del progetto, insieme ad altre otto istituzioni, il CCR organizza delle residenze d’artista che stimolano la creatività dei giovani musicisti e il risultato si è chiaramente manifestato nell’ultimo fine settimana della 43° edizione del Festival di Ambronay, quando otto ensemble hanno presentato i propri variegati programmi musicali seguiti con attenzione e partecipazione da parte del pubblico che frequenta, spesso da diversi anni, l’Abbazia benedettina che è divenuta una delle realtà più accoglienti e interessanti per la prassi e la conoscenza e divulgazione della musica barocca in Europa.

 

(foto Ensemble filoBarocco ® Bertrand Pichène - CCR Ambronay)
 Ensemble filoBarocco (Foto Bertrand Pichène - CCR Ambronay)

 

Il quarto e ultimo fine settimana del Festival è iniziato venerdì 7 ottobre con il gruppo   strumentale italiano filoBarocco, che ha presentato un concerto intitolato “All’alba del Barocco italiano” nel quale si sono alternate sonate e canzoni di autori come Frescobaldi, Uccellini, Castello, Buonamente e Picchi legate tra loro con sottili passaggi solistici di transizione che hanno evitato la meccanicità degli applausi intermedi, arrivati calorosi alla fine della loro performance veemente e vigorosa.

Musica italiana dello stesso periodo ma vocale ed eseguita in modo più convenzionale, anche quella proposta dall’ensemble francese La Palatine che ha proposto arie da opere e cantate di Frescobaldi, Strozzi, Pallavicino, Rossi e altri, suddivise in sezioni dedicate ai quattro elementi, con il tocco finale di una chanson di Brassens contenuta anche alla fine del loro disco di esordio pubblicato dalle Editions d’Ambronay.

 

Il giorno seguente nella sezione dedicata a Eeemerging+ si sono esibiti altri quattro gruppi con proposte molto diverse tra loro, a cominciare dall’Ensemble Cohaere formato da musicisti polacchi che ha eseguito con eleganza e sicurezza due suite, rispettivamente di Telemann e di Gaultier de Marseille e una sonata di Vivaldi. Ma la vera sorpresa della giornata è arrivata da La Camerata Chromatica, un gruppo di Lione che si dedica sistematicamente al repertorio tardorinascimentale più sperimentale, e per certi versi ostico, ma di grande effetto e originalità e che richiede una grande concentrazione e impegno da parte degli interpreti, soprattutto vocali, per le progressioni melodiche e le torsioni contrappuntistiche basate sull’uso sistematico dei cromatismi. In confronto a quelli di Gesualdo i madrigali di Vicentino, Nenna, Rossi e Lacorcia, che l'ensemble ha eseguito con due voci accompagnate da strumenti musicali sono apparsi ancor più aspri e conturbanti e nel programma il direttore del gruppo Benjamin Delale ha inserito anche una propria composizione organistica in stile antico.

 

(foto La Camerata Chromatica ® Bertrand Pichène - CCR Ambronay)

(foto La Camerata Chromatica ® Bertrand Pichène - CCR Ambronay)

Successivamente Into the Winds, novella alta cappella francese, ha riempito di suoni marziali la chiesa dell’Abbazia con un programma ispirato a musiche del primo Quattrocento evocando il tema della Guerra dei Cent’anni, lasciando poi la scena ai musicisti tedeschi dell’Ensemble I Zefirelli che utilizzando la fonte delle antologie britanniche della fine del Seicento di John e Henry Playford, in particolare The Dancing Master, hanno creato un clima di divertimento culminato nel gioco finale con il quale hanno affidato al pubblico delle immagini dei propri strumenti chiedendo di decidere per alzata di icona chi del gruppo e quando dovesse suonare.

 

Diverse e complementari le proposte degli ultimi due giovani ensemble che si sono esibiti domenica 9 ottobre, costituiti da due quartetti d’archi. Il primo PuraCorda che si è formato ad Amsterdam ha presentato due composizioni quasi sconosciute di due artiste inglesi della prima metà del Novecento, Rebecca Clarke e Elizabeth Maconchy. Il tono fortemente drammatico e ricco di contrasti del quartetto della seconda è sembrato particolarmente congeniale a questa formazione che con strumenti storici si concentra sulla musica del XIX e della prima parte del XX secolo.

Armonioso e pacificante il clima suscitato dall’ascolto delle musiche di autori italiani  della fine del Settecento proposto dal Butter Quartet, che si è formato all’Aja, con l’intento di sottolineare le origini e le radici della formazione del quartetto d’archi anche attraverso una composizione di Maddalena Laura Sirmen, allieva di Tartini.

 

L’unico gruppo già ampiamente noto e consolidato presente nel ricco programma conclusivo del festival, l’ensemble Correspondances, ha presentato uno splendido  concerto dedicato ai compositori inglesi al servizio della cappella reale di Carlo II, con momenti di particolare intensità raggiunti con l’esecuzione dell’accorato verse anthem O Lord my God  di Pelham Humphrey e del gioioso O sing unto the Lord di John Blow, che si è concluso con l’anthem My heart is inditing scritto da Purcell nel 1685 per l’incoronazione di Giacomo II.

 

Per il resto i protagonisti assoluti di questo quarto e ultimo fine settimana sono sempre rimasti i giovani musicisti, anche quelli che avevano partecipato alle due ultime Académie d’Ambronay, il progetto biennale che attraverso una residenza artistica di due settimane lavora all’allestimento di un programma di opera o concerto con l’obiettivo di farlo circolare in diversi luoghi d’Europa, e che recentemente si è integrato in sinergia con il programma europeo Eeemerging+.

Così la sera dell’8 ottobre l’orchestra costituita in occasione della 24° Académie diretta all’inizio dell’estate presso il CCR d’Ambronay dalla violoncellista Ophélie Gaillard, già semplice partecipante di una delle precedenti edizioni, è tornata a riunirsi attorno al nucleo del Butter Quartet per eseguire, con energia e trasporto e

con strumenti storici compreso il pianoforte e archi con corde di budello, la Sinfonia n°17 di Mozart, la n° 49 di Haydn e lo splendido concerto per violoncello e orchestra in re maggiore di Boccherini del 1770, entusiasmando il pubblico che aveva riempito la chiesa abbaziale dove si svolgono i principali concerti del festival.

 

Anche il concerto della domenica pomeriggio che tradizionalmente conclude il festival è stato il frutto della Académie d’Ambronay, e precisamente della sua 23° edizione (inizialmente prevista nel 2020 ma rimandata di un anno a causa della pandemia), diretta da Geoffroy Jourdain  e svolta a Pavia nel Centro di Musica Antica del Collegio Ghislieri. Anche in questo caso giovani cantanti e musicisti provenienti da vari paesi si sono ritrovati a fianco di un gruppo più esperto, il quartetto vocale spagnolo Cantoría già sostenuto in passato dal programma Eeemerging, e con loro hanno eseguito un bellissimo programma di musica sacra costituito dall’oratorio per la Settimana Santa “Spargete sospiri” e dalla cantata morale “Ancor satio non sei” di Luigi Rossi, seguite da Jephte di Carissimi e Le reniement de Saint-Pierre di Charpentier. L’interessante e diretto confronto tra questi due ultimi oratori ha permesso di mettere in evidenza sia il legame e l’influenza che il primo ha avuto sul secondo che le peculiarità dello stile italiano e di quello francese.

Alla fine del concerto gli infiniti abbracci tra i musicisti che si erano ritrovati per questa occasione,  ma che allo stesso tempo stavano per tornare ognuno per la propria strada, hanno contribuito a prolungare il clima di commozione suscitato dall’intensità drammatica dei due oratori. Quasi nessuno di questi giovani risiede oggi nel proprio paese di origine, e quasi tutti hanno studiato altrove, ma la musica li ha fatti incontrare e forse da qui nasceranno nuovi progetti e magari anche nuovi gruppi in questa realtà cosmopolita di giovani cittadini del mondo. È questa l’Europa dell’arte della musica e della speranza, di cui Ambronay è uno dei punti di riferimento, come dimostra l’aver puntato tutto su di loro per la conclusione del Festival anziché su gruppi di chiara fama noti al pubblico, che ha comunque risposto molto positivamente salutandoli con lunghissimi applausi.

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