Antiche novità del folk progressivo

Antonio Infantino e il Gruppo di Tricarico, Folk Magic Band e Èl Bés Galilì ritornano in ristampa

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C’era una volta, nella città dove vive chi scrive queste note, un negozio di antiquariato e modernariato vario che si chiamava, con notevole ironia, Antiche Novità.

Siamo sul filo sottile delle acrobazie verbali dei personaggi che incontra Alice al di là dello specchio, dove vigono logiche non lineari, pensieri talmente laterali che alla fine diventano cerchi e tornano al punto di partenza, e paradossi che sembrano perfettamente logici. Una novità non dovrebbe essere antica. E un’antichità non dovrebbe essere nuova. Se ci pensate un attimo, internet e il conseguente Reame dell’Accessibilità Immediata a qualsiasi fonte sonora ha contribuito a spianarla la strada al di là dello specchio.

Eliminato il taglio storico diacronico che ci faceva ragionare per un “prima” e un “dopo”, adesso tutto è contemporaneo a tutto. Un vecchio disco dei Can è post rock. Un antico esperimento di Yuseef Lateef con un oboe “etnico” è post-futuro. Il rap che irrompe in certi fumiganti e splendidi nuovi dischi di Chicago Jazz è una datata novità sperimentata da Steve Coleman oltre trent’anni fa. E così via.

Il tutto per dire che, in ogni ambito stilistico ed estetico, certe cose che riappaiono a buon diritto potremmo definilre “antiche novità”. Ecco a voi tre chicche dal mondo del folk progressivo e della world music ante litteram, tre antiche novità appena riapparse.

Partiamo con I Tarantolati, a firma Antonio Infantino ed il Gruppo di Tricarico. Originariamente edito dall'etichetta del Folkstudio nel 1975, registrazione “live” allo storico club romano e a Tricarico a cura di Vincenzo Mundo. Materiale proveniente dala dotazione dell’Associazione folkstudio di Giancarlo Cesaroni, bobine e audiocassette, poi donate alla Discoteca di stato oggi Istituto centrale per i beni sonori e audiovisivi. CD riedito da Black Sweat Records (con due inediti), un’etichetta che scandaglia passato rimosso e presente nascosto con generosa acribia.

Antonio Infantino (1944 – 2018) resta una figura centrale per l’intersezione delle musiche popular del secondo dopoguerra: prima musicista elettronico, poi di ambito free jazz, infine cantautore e entusiasta ricercatore nel campo delle note popolari riscoperte, con focus primario sulla sua regione, la Basilicata. Percorso culminato nella collaboraziome con Vinico Capossella, e nella partecipazione alla Notte della Taranta 2016, in apertura. Ecco come suonava il Gruppo di Tricarico quarant’anni fa.

Di un anno successivo, 1976, la seconda “antica novità” assai meritevole di attento riascolto: Folk Magic Band, medesima etichetta di ristampa. La copertina ci presenta un palco affollato e disordinato molto in tema con quel decennio di palpitante vitalità espressiva, sedici persone sul palco, due contrabbassisti, tre sassofonisti, un parterre nutrito di percussioni. Folk Magic Band è la “fotografia sonora” di come si era evoluto il gruppo Spirale, altra realtà da riscoprire, in quell’ambito jazz rock italiano che poco aveva da invidiare alla scena inglese e americana di allora.

Corrado Nofri, pianista e tastierista del gruppo, aveva poi concepito una formazione allargata e “aperta” che includesse musicisti di diversa estrazione. Il tutto per dar vita a una musica magmatica e pulsante, un sorta di pan-etnicismo jazz e world music antelitteram stipata di suoni d’Africa e di Brasile, in linea con quanto andavano sperimentando Don Cherry con la sua Organic Society, con la policromia sonora di Sun ra, con il furore esatico di Pharoah Sanders. Eccone un esempio.

Facciamo un piccolo balzo in avanti, ed eccoci nei territori battuti, tra la fine dei Settanta e il secondo anno del nuovo decennio, da Èl Bés Galilì.

Siamo nel bresciano, e il basilisco, il “serpente – drago -  galletto” animale fantastico della tradizione popolare allietava le sale da concerto con un folk progressivo vivo e trascinante, tra danze, ballate, canti a ballo. Con loro c’era all'inizio anche  Placida “Dina” Staro, futura storica della coreutica e della musica.

Loro erano nati  nel 1975 per naturale aggregazione di giovani musicisti innamorati delle sonorità che arrivavano dall’Inghilterra, dalla Incredible String Band, dalla Bretagna di Alan Stivell, dalla riscoperta della musica antica, dall’onda di piena di un folk revival che nel Nord italia recuperava un “common grond”, un terreno comune con vaste porzioni di terre europe nordiche.

Riuscirono a pubblicare un unico lp, nel 1980, che ora ritrovate in un sontuoso doppio cd edito da Felmay, Requélie, accompagnato da un memorabile e ritrovato concerto del 1981, ultimi bagliori di una stagione memorabile. Un esempio qui.

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