Non ero mai stato a Sanremo durante il Festival – o meglio, non ci ero mai stato come giornalista, in sala stampa, cercando di seguire la ricca programmazione di eventi, conferenze stampa, collaterali, festini, vernici e bunga-bunga assortiti. Canzoni a parte, ho scoperto alcune cose sul Festival di Sanremo e i suoi retroscena, e mi va di condividerle con voi in ordine sparso.
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1. A Sanremo ci sono giornalisti accreditati da tutta Italia, e anche da altri paesi come il Belgio, la Norvegia e il Trentino Alto Adige, e tutti seguono il Festival dalla sala stampa. Se sei un membro della Luminosa Élite della Stampa Quotidiana Cartacea (LESQC), un Castante o un Assaldo per intenderci, hai diritto di accesso alla sala stampa nel roof del Teatro Ariston. Se sei uno dei peones del web o della stampa locale puoi andare alla Sala Stampa Lucio Dalla, al Palafiori. La sala stampa dell’Ariston ha un maxischermo con una scenografia tipo Aida futurista, un tavolo per le conferenze ornato di gocce di vetro Swarovski e composizioni floreali, e un bar ristorante. La sala stampa Lucio Dalla ha dei tavolacci di plastica Brico tipo sede del PD, un videoproiettore da bar cinese e dei distributori di patatine. Io sto alla Lucio Dalla.
2. I pass si possono sommare, perché ogni struttura di Sanremo richiede un suo pass apposito. I più presenzialisti se ne ornano fino a ricordare il monumento del Generale Alfonso La Marmora che torna dalla Crimea. Poi, con una giusta combinazione di pass nella giusta sequenza si riesce a entrare ovunque: se hai il pass per la sala stampa Lucio Dalla e il tesserino dell’ordine dei giornalisti, ad esempio, puoi passare a firmare per avere il braccialetto rosa che ti fa accedere all’Ariston, ma solo dalle 19.30. Prima di firmare in sala stampa devi essere andato all’ufficio nella via dietro il teatro a firmare una liberatoria. Praticamente è Monkey Island.
3. In ogni caso noi della Lucio Dalla, siamo la maggioranza. A Sanremo si accredita chiunque, e a parte i Grandi Maestri del Giornalismo Quotidiano (GMGQ), che vivono a Sanremo la loro annuale settimana di celebrità, buona parte dei pass è orgogliosamente esposta da un lumpenproletariat dell’informazione musicale, che sta a Sanremo come in viaggio premio. A parte me, ci sono relitti dell’epoca delle prime tv locali con videocamere BETAMAX coperte di scotch; speaker di emittenti radiofoniche che trasmettono fino a casa del cugino, da un lato all’altro dell’altipiano della Sila o delle Murge; ragazze kawaii di webradio universitarie entusiaste perché si sono fatte un selfie con Luzzatto Fegiz, che ti viene quasi voglia di abbracciarle. Partecipano tutti alle conferenze stampa con l’entuasiasmo dei Cristiani Rinati, e fanno le domande che i giornalisti farebbero nelle conferenze stampa se mai una fiction Rai rappresentasse una conferenza stampa: «CIAO NEK sono ETTORE da Radio Dimensione Isernia, sei bravissimo. Quanto è importante la Fede nella tua musica?» «GRANDE PATTY che cosa rispondi a chi ti vuole male?». Quando finisce la conferenza stampa, si accalcano tutti dal tavolaccio Brico per rubare ai loro idoli una frase: «ANCHE IO ASCOLTO RADIO STEREO TRIORA».
4. A dispetto dei molti maxischermi, solo due categorie di operatori guardano davvero il Festival. Quelli che devono twittare o scrivere in diretta, e i citati entusiasti della sala stampa Lucio Dalla, che talvolta amano improvvisare semplici coreografie e cantare in coro “Margherita” e “Quella tua maglietta fina”. Tutti gli altri – cameramen, uffici stampa, manager, lenoni, procacciatori di sostanze – gravitano intorno al bancone del bar più vicino. Al Palafiori c’è la Lounge Mango, che sembra uscita dalla fantasia di un armatore anni ottanta, la hall di una nave da crociera con marmi neri traslucidi e luci laser. Qui si ritrova la meglio gioventù del festival durante il festival, a consumare cocktail annacquati da accompagnare con esclamazioni in romano o milanese stretto.
5. Il Palafiori, ovvero Casa Sanremo, è praticamente la scenografia di un film del tardo Fellini. Ci sono bambini con cravattini fuori proporzione che cantano pezzi di Claudio Villa. Impersonatori di Al Bano che concorrono a chi becca l’acuto più acuto. Nani che fanno il karaoke su pezzi di Gigi D’Alessio. Imitatori di Pupo che si contorcono per terra come Elvis. Soubrette di provincia strizzate in abiti leopardati, ghepardati, zebrati, pitonati – qualunque fantasia animale riusciate a immaginare. È un mondo bellissimo.
6. A Casa Sanremo succede sempre qualcosa. Enti, sponsor, comuni prenotano con mesi di anticipo uno slot in una delle molte lounge (che sarebbero delle sale conferenze fashion), al fine di celebrare le loro glorie locali in una serie ininterrotta di eventi. In sostanza, a qualunque ora del giorno e della notte c’è qualcuno che sta premiando qualcun altro. Funziona tipo millepiedi umano: uno primo tizio premia un altro tizio, che sale sul palco e premia il successivo tizio, che premia una tipa, che premia un tipo fino a quando il primo premiatore non ha ricevuto anche lui il suo premio, e questo perché Sanremo è democrazia.
7. Stare seduti in un bar di Sanremo e pronunciare le parole CLAUDIO BAGLIONI fa l’effetto di urlare ALLAH AKBAR in coda al controllo sicurezza di Fiumicino. Si girano immediatamente tutti, perché i bar di Sanremo sono pieni di gente che è lì solo per vedere un vip, e Claudio Baglioni a questo Festival è il vip. Per divertirsi si può dire CLAUDIO BAGLIONI in maniera casuale, come intercalare, magari telefonando: «Oh come stai? Tutto bene? È venuto l’idraulico? Ah ti ha detto CLAUDIO BAGLIONI che c’è da rifare l’impianto?». «No non mi CLAUDIO BAGLIONI interessa cambiare operatore grazie».