Cantautrici diverse

Dal dadaismo di Cate Le Bon all'algida sensualità di Charlie Hilton

Articolo
pop

Cate Le Bon
Crab Day
Drag City

Charlie Hilton
Palana
Captured Tracks

Cate Le Bon, classe 1983, gallese di nascita ma losangelina di adozione, è una delle cantautrici contemporanee che vale la pena approfondire. Dopo una manciata di dischi, tre per la precisione (Me Oh My del 2009, Cyrk del 2012, e Mug Museum, del 2013), sembra che lo zoccolo duro dei suoi fan sia destinato a crescere, e il merito è tutto della sua ultima fatica, Crab Day (che esce per la piccola ma blasonata etichetta indipendente Drag City).



Il punto di forza delle dieci nuove canzoni sta nel fatto che ognuna utilizza un metodo che mischia tradizione e follia. Alla rilassatezza dei brani, che hanno un andamento quasi sempre pacato, contribuisce il cantato di Cate: umoral-minimale, ma anche un sacco ficcante. Le partiture strumentali, invece, sono il vero asso nella manica della cantautrice: all'apparenza, sembrerebbero tutte dei pezzi folk più o meno tradizionalisti (anche se abbastanza sghembi), ma poi dall'intreccio di basso chitarra batteria emergono un clarinetto o una marimba e la mente vola subito a certi squarci instrumental di uno Zoogz Rift (anche se la nostra eroina non ha, né vuole avere, il piglio patafisico-circense del fu Robert Pawlikowski. Probabile, dopo tutto, che la vena umoristica di questi pezzi sia un lascito dei contatti di Cate con le menti deviate dei compatrioti gallesi Gorky's Zygotic Mynci). Sia come sia, brani come "I'm a Dirty Attic", "Wonderful", "Yellow Blinds" o "Cream Shadows" valgono, a questo giro, il prezzo del biglietto.

Discorso diverso invece per l'altra artista di cui ci occupiamo. Charlie Hilton, già chitarrista e vocalist dei Blouse di Portland, Oregon, ci regala un album che recupera lo spirito che fu della chanteuse Nico. Palana esce per la Captured Tracks, e sin dall'omonimo brano di apertura stabilisce il tono dell'intera opera: "Palana" è una lullaby cantata a fil di voce con algida sensualità (che rimanda, appunto, al modello di Christa Päffgen in arte Nico).



Delle dodici tracce in scaletta molte sono quelle che funzionano e fanno ben sperare nel futuro di questa cantautrice; pezzi come "Long Goodbye", "Snow" e "No One Will" (e altri ancora) spaziano dalla musica da camera al pop sintetico, senza infiacchire con inutili orpelli la felice vena narrativa di Charlie, che a conti fatti ci regala un disco a suo modo privo di sbavature.

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