Un altro cestone di ristampe

Dai Television a Lead Belly passando per Lee Hazlewood: cinque ristampe rock (e non solo) da non perdere

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Le classifiche di fine anno delle varie riviste specializzate sono un’occasione utile per scoprire o riscoprire album della cui uscita non ci siamo accorti, o a cui abbiamo prestato poca (o pochissima) attenzione, distratti dalle troppe offerte in circolazione e dalle infinite opportunità createsi dalla nascita di Spotify, Deezer e dei vari siti che offrono lo streaming on demand di musica di ogni genere. Queste letture sono servite anche per recuperare e finalmente ascoltare (con calma!) una serie di "vecchi" dischi decisamente intriganti – non sono solo gli amanti del jazz a poter pescare dal "cestone delle ristampe"!

Il primo è un’antologia tanto ricca quanto sfiziosa. Ci è offerta dalla Numero Group, piccola etichetta di Chicago che si è prefissata fin dalla sua fondazione il compito di recuperare “gemme impolverate” conosciute solo da pochi fanatici nerd. Grazie ai 2 cd di Ork Records: New York, New York ha strappato all’oblio le registrazioni dall’etichetta di Terry Ork, produttore e manager, tra i protagonisti della scena musicale punk e new wave della New York dei secondi anni Settanta, il cui tempio era il mitico club CBGB.

Fu proprio la Ork Records nei suoi 5 anni di vita a proporre il debutto dei Television (il singolo "Little Johnny Jewell": portentoso!) e di Richard Hell (l’EP Another World contenente il pezzo "Blank Generation"), il primo EP di Alex Chilton dopo la fine dei Big Star (Singer Not The Song, di cui ci sono qui tutti e 5 i brani) e molti altri gioielli, come la versione inedita (e punk) di "Fa Ce La" dei Feelies, il jangle pop di "(I Thought) You Wanted to Know" e "If and When" di Chris Stamey and the dB's, "It Was So Funny" degli Erasers o "Take Me Home" dei Cheetah Chrome. In tutto 49 brani, che ci raccontano un mondo tanto pieno di idee quanto (fino ad ora) ingiustamente dimenticato.



Nello stesso periodo, a New York si aggirava anche un personaggio decisamente interessante: la parigina Lizzy Mercier Descloux (1956-2004). Poetessa, artista, attrice, musicista fai-da-te, divenne amica di Richard Hell e soprattutto di Patti Smith, con cui divise anche un appartamento in Lafayette Street. In bilico fra no wave, disco, funk e varie cover ("Fire" di Arthur Brown, "Fever" di Peggy Lee diventata qui "Tumour", e due pezzi di Lalo Schifrin da Mission Impossible) il suo eccentrico e gustoso album di debutto, Press Color, del 1979, ci viene riproposto ora dalla Light In The Attic, l’etichetta di Seattle che ha tra i tantissimi suoi meriti quello di averci fatto conoscere l’immenso Rodriguez e la sua incredibile storia (su cui – tra l’altro – è appena uscito per Mondadori il libro Sugar Man. Vita, morte e resurrezione di Sixto Rodriguez, di Craig B. Strydom).

Abbinati ai pezzi originali di Press Color ci sono – fra l’altro - anche i 6 spigolosi brani tra art rock e no wave di Rosa Yemen, l’EP registrato dal vivo nel 1978 dall’omonimo duo composto da Lizzy e il suo connazionale DJ Barnes, e soprattutto una registrazione poco conosciuta, "Morning High": accompagnata da Bill Laswell, vi recita insieme all’amica Patti Smith (lei in francese, quest’ultima in inglese) la poesia "Mattinata d’ebbrezza" di Rimbaud. Emozionante.



Sempre negli anni Settanta, per essere precisi tra il 1971 e il 1977, si articola l’attività discografica di Gloria Ann Taylor (1951-2005). Scoperta a Toledo, Ohio, per caso, da Walt Whisehunt (collaboratore di James Brown e suo futuro marito), si trasferì a Los Angeles dove ebbe una carriera breve, prestigiosa forse ma non proprio fortunatissima. I cinque 45 giri che incise allora sono un affascinante (e a tratti quasi ruvido) mix tra soul, echi gospel, psichedelia e disco music dove la sua voce, educata nei cori di una chiesa come tante grandi artiste afroamericane, è vibrante e drammatica. Non furono hit, ma sono diventati nel corso degli anni successivi oggetto di un interesse sempre maggiore di appassionati e cultori del genere. I 10 brani (2 dei quali anche nella versione 12 pollici, più una bonus track) sono riproposti oggi dalla Ubiquity, etichetta di Costa Mesa (California) specializzata in funk, soul, house e dintorni, e ci mostrano un’artista davvero speciale. Ascoltate pezzi come l’incredibile "What’s Your World" o la sua potente cover di "Jolene" di Dolly Parton e capirete subito perché anche lei merita finalmente tutta la nostra attenzione.



È del 1966, invece, l’album The Very Special World of Lee Hazlewood di un’altra figura recuperata meritoriamente dalla Light In The Attic: Lee Hazlewood (1929-2007). Autore e produttore dell’indimenticabile "These Boots Are Made for Walkin’" per Nancy Sinatra (uscito quello stesso anno), in vita non ottenne mai la fama che forse avrebbe meritato. Mescolando una splendida voce da baritono, pop orchestrale, country, modi da crooner e tanta autoironia (il “guru della cowboy psychedelia” è stato definito), è talmente vintage da apparirci molto moderno. Questo suo magnifico album, dove tra l’altro propone la sua versione dell’hit della figlia di “The Voice”, è il primo dei tre da lui registrati per la MGM (l’etichetta della Metro-Goldwyn-Mayer) con un budget di proporzioni gigantesche rispetto alle sue abitudini precedenti. Se gli arrangiamenti sono ricchi grazie all’apporto costante di archi, fiati e deliziosi cori femminili, il risultato non è mai sovraccarico e barocco ma è arioso come in un panorama americano ripreso in Cinemascope e in generale piuttosto malinconico. Ascoltate "Sand" (dove duetta con Nancy Sinatra), la bossa nova di "Not The Lovin’ Kind", i toni quasi à la Morricone di "For One Moment" o le splendide "Your Sweet Love" e "My Autumn’s Done Come" e vi chiederete perché Hazlewood non sia diventato uno dei giganti della musica americana.



Arretriamo ulteriormente nel tempo (e parecchio!), infine, con The Smithsonian Folkways Collection grazie a cui ci spostiamo nel terreno dell’etnomusicologia, dato che la Smithsonian Folkways è la prestigiosa (ed istituzionale) etichetta del Center for Folklife and Cultural Heritage di Washington. Il cofanetto di 5 cd ci fa conoscere (o ricordare) la forza del leggendario Huddie William Ledbetter in arte Lead Belly (1888–1949), una vera icona del blues e del folk americano. Nato in una piantagione della Louisiana, iniziò la sua stimata carriera solo dopo lunghi periodi passati in carcere, dove venne scoperto dai noti folkloristi John e Alan Lomax.
Impossibile annoiarsi con le 108 canzoni (di cui 16 inedite) di questa raccolta, tale è l’energia che sprigiona dalla sua musica che intreccia gospel, blues, folk e sembra anticipare il rock’n’roll. Accompagnato dalla sua chitarra Stella a 12 corde, interpreta con passione testi dal sapore autobiografico ma, se capita, anche legati all’attualità di allora come un moderno cantastorie (come "Hitler Song", dove promette "We're gonna bring him to the ground someday" e "him" è ovviamente il Führer). Sono presenti ovviamente classici come "The Bourgeois Blues", "The Midnight Special", "Goodnight Irene" (ripresa poi da Tom Waits), "Where Did You Sleep Last Night" (amatissima da Kurt Cobain), "Cotton Fields" (reinterpretata dai Beach Boys nell’album 20/20) e "Black Betty" (di cui Nick Cave offrì un’abrasiva versione nel 1986). Ma il nostro pezzo preferito è "The Gallis Pole", di cui i Led Zeppelin proposero un’irriconoscibile versione in III, che ci piace – fatto il confronto - decisamente di meno.

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