Mondo cane

L’esistenzialismo nell’era digitale secondo Niccolò Contessa

Articolo
pop

I Cani
Aurora
42 Records

All’appuntamento col terzo disco, Niccolò Contessa mette in mostra una versione “adulta” dei Cani. Nel senso che certe frenesie ritmiche del Sorprendente album d’esordio… e del successivo Glamour finiscono nel dimenticatoio e, soprattutto, cambia in maniera significativa non solo il punto di vista sul mondo, bensì l’approccio alla vita stessa. C’è qualcosa di filosofico – o quasi – in Aurora, dove si riflette sul genere umano (“Un animale strano, da scimmia vestito”, in “Protobodhisattva”) e addirittura sui destini del pianeta (“Finirà”, che di tutti è l’episodio più movimentato), citando la geometria degli spazi che sta all’origine della teoria delle stringhe (“Calabi Yau”) e alludendo al buddismo (“Protobodhisattva”, appunto). Quest’ultimo è un agile esercizio in modalità Pet Shop Boys, mentre in altri momenti sembra di percepire l’eco del Battisti elettronico o – per avvicinarsi al piano della contemporaneità – quella dei Subsonica nel mood da ballata.



È dunque canzone d’autore di nuova generazione, anche se è lecito dubitare che ne giunga notizia a Sanremo (sia il Premio Tenco o il Festival, non fa differenza). Un habitat espressivo in cui malinconia fa rima con ironia, com’è chiaro nell’iniziale “Questo nostro grande amore” (già affiorata nella colonna sonora di The Pills – Sempre meglio che lavorare), curiosa ipotesi di monetizzazione dei sentimenti a suon di Goldman Sachs, bond e default. E a tratti le vette raggiunte sono notevolissime: “Non finirà” ha melodia garbata, accattivante e a lungo andare contagiosa, “Il posto più freddo” trasuda spleen romantico senza essere zuccherosa e “Una cosa stupida” dipinge a tinte tenui un quadretto agrodolce di smarrimento post universitario. Nulla che sia in circolazione attualmente in Italia sa coniugare con altrettanta appropriatezza il verbo esistenzialista al tempo del digitale, quando può capitare che per cercare se stessi si vada su Google: lo prova all’epilogo “Sparire”, congedo struggente da un “mondo cane”.

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