ITALODISCHI #3 2024 – Un po' di nomi nuovi

Il punto sul giovane pop-rock-dance italiano: Naima Faraò, Sara Parigi, Swanz The Lonely Cat, Il quadro di Troisi, Traum, Above The Tree & Drum Ensemble Du Beat e Tommaso Tam

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Naima Faraò (foto © Federica Ikka Mirabelli)
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Seconda parte per descrivere l’andamento del primo trimestre 2024 nella musica italiana; dopo i nomi classici della scorsa puntata, ecco qui una serie di artisti esordienti o comunque dalla breve carriera, molto meno blasonati, ma altrettanto meritevoli dei vostri ascolti di appassionati.

La selezione è stata durissima e la lista poteva tranquillamente essere lunga il doppio… mi perdonino gli assenti.

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Naima Faraò, Dots

Riservo l’apertura a quella che ritengo la più bella sorpresa di questo periodo: Dots di Naima Faraò. Nominalmente si tratta di un esordio, anche se l’autrice, milanese, vanta già una militanza pluriennale in altre formazioni, quali Black Beat Movement e Artchipel Orchestra.

Molti sono infatti i musicisti chiamati a collaborare per questo album, troppi da citare; menzioniamo soltanto Daykoda, già citato in passato in questa rubrica, perché rende bene l’idea del tipo di proposta che vi potete aspettare da Dots.

Si tratta infatti di jazz elettronificato che rimanda da una parte agli anni Novanta, quelli del beat digitale contaminato, dall’altra allo spiritual jazz classico – il disco è comunque interamente suonato (incredibilmente bene) e non è un prodotto da club, anche se il tasso di groove è altissimo.

Insomma un bilanciamento perfetto tra istanze di sofisticato jazz vocale e ascoltabilità densa di soul, ricca di emotività e ben distante da ogni tipo di leziosità (un rischio sempre presente, in questo ambito). Il risultato è spettacolare.

Sara Parigi, Stanza

A proposito di influenze dell’elettronica evoluta degli anni Novanta, bisogna notare quanto sia pervasivo ancor oggi il suono del trip hop. Spesso accostato alle atmosfere di dark wave del decennio precedente, c’è qualcosa in questo genere che affascina decisamente gli artisti italiani, e in particolare le voci femminili; potremmo citare Sarah Stride, Agosta, Pindhar, Gold Mass… ma quella che preferisco, in definitiva, è Sara Parigi.

Già voce dei Lady in the Radiator, per questa prima prova solista, Stanza, Sara si è messa nelle mani di Alessandro Fiori, che lascia il suo marchio decisivo sul disco colorandolo di atmosfere crepuscolari e intimiste. Un uso dosato del sampling e un suono ombroso e nostalgico rendono l’album affascinante, anche se a tratti Parigi eccede nello scimmiottare Björk alla voce – non ne ha francamente alcun bisogno.

Swanz The Lonely Cat, Macbeth

Se poi ci si volesse spostare dalle ambientazioni notturne del trip hop a un contesto ancora più scuro se non apocalittico, una colonna sonora perfetta sarebbe il disco di Swanz The Lonely Cat, un’interpretazione personalissima e decisamente coraggiosa del Macbeth di Shakespeare. Già noto per essere il leader dei Dead Cat In A Bag, gruppo avant folk che propone una rilettura non banale della tradizione dell’americana, in questo caso Swanz ai suoni acustici antepone l’elettronica, e sostituisce gli arpeggi con i droni, ottenendo un suono cupo di ambient dark che fa pensare un po’ alle atmosfere dello Scott Walker di The Drift, ma anche a certi sconfinamenti orrorifici tra Residents e Nurse With Wound.

Lavoro non semplice che richiede una certa dedizione, e probabilmente destinato a non essere mai eseguito dal vivo, questo Macbeth ha però il suo fascino; una buona introduzione è il cortometraggio a cui è abbinato e che linkiamo di seguito: All Is But Toys.

Il quadro di Troisi, La commedia

Visto che finora non abbiamo visto che diverse declinazioni di forme di cantautorato, chiudiamo il cerchio con una citazione per Il quadro di Troisi, che torna col secondo album a quattro anni di distanza dal debutto omonimo. In effetti, la band di Eva Geist e Donato Dozzy (ai quali si è ora aggiunto Pietro Micioni) marca un relativo scarto rispetto a quel primo disco.

Pur mantenendo basi totalmente digitali, in La commedia le atmosfere si sono fatte più intense e la forma canzone diventa predominante, per cui l’album si può senz’altro definire “cantautorato elettronico”: pensate ai Matia Bazar degli anni Ottanta che si materializzano nell’era digitale, con uno spostamento più verso la club culture che sul versante pop, e avrete un’idea di quanto il Quadro di Troisi possa essere importante nel panorama italiano del 2024.

Above The Tree & Drum Ensemble Du Beat, Afrolulu

Visto però che siamo entrati trasversalmente in tema “dance”, mi va di segnalare un disco che, seppur molto particolare, è molto vicino a quell’ambito. Si tratta di Afrolulu, album che esce a nome Above The Tree & Drum Ensemble Du Beat, in realtà due band distinte (la prima il progetto di Marco Bernacchia, la seconda un ensemble di percussionisti guidati da Edoardo Grisogani), che già avevano pubblicato insieme dieci anni fa.

Questo album esplora il beat tradizionale dell’Africa e lo traspone in un contesto techno-trance molto europeo; non è la prima volta che si tenta una contaminazione dei due generi, ma va detto che in questo caso la cosa funziona assai bene, pulsa di groove ipnotici e coinvolgenti, e la commistione tra radici etniche e tecnologia si realizza molto efficacemente. Un ascolto non comune che vi darà belle soddisfazioni.

Traum, Traum

Mi rendo conto che non ho ancora parlato di un disco di rock’n’roll e non sia mai, rimedio subito. Parliamo dei Traum, una sorta di supergruppo indie che vede la partecipazione di membri della Fuzz Orchestra (Luca Ciffo e Paolo Mongardi), più Lorenzo Stecconi dei Lento e Luca T. Mai degli Zu.

I Traum si possono classificare come band post-hardcore, e come tale in questo omonimo esordio mostrano benissimo di saper controllare il potenziale espressivo di forza devastante, incanalandolo in modalità eterogenee che lambiscono la psichedelia, l’iteratività krauta, il dub, perfino a tratti i loop della techno. Un modo molto intelligente di far evolvere il sound chitarristico verso direzioni inaspettate e originali.

Tommaso Tam, Isola di Tam

Per concludere, qualcosa di più easy, che finora il pop è stato trascurato. Ho scelto tra i tanti candidati Isola di Tam di Tommaso Tam, personaggio certo non così popolare, che però di fatto è già al quinto disco. Questo è il classico album che di primo acchito può sembrare fin troppo leggero, ma che in realtà è costruito con estrema intelligenza – nonché conoscenza della materia musicale, tali e tanti sono i rimandi che contiene, dalla musica leggera alla disco al techno-pop ai Beach Boys alla italo…

Umore molto laidback ma in realtà in queste canzoni c’è molta più sostanza di quanto non appaia a prima vista.

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