Gli inquietanti fantasmi di Britten

Turn of the Screw diretta da Eschenbach alla Scala con un inquietante Bostridge

Recensione
classica
Teatro alla Scala Milano
Benjamin Britten
14 Settembre 2016
Per la prima volta in lingua inglese alla Scala (nel 1969 un'edizione in italiano alla Piccola Scala, direttore Ettore Gracis, regista Virginio Puecher) l'opera di Britten si è valsa dell'ottima direzione di Christoph Eschenbach e della regia di Kasper Holten che pur rispettando l'horror originario di Henry James insinua che tutta la faccenda sia soltanto una proiezione dell'Istitutrice. In quest'ottica si ascrive la scena di lei a letto fra i trapassati Quint e Jessel che disquisiscono della cerimonia dell'innocenza ormai morta, come pure le scene in cui lei si lascia abbrancicare a turno dai fantasmi (Jessel porta addirittura il suo stesso abito, come si conviene a un doppio) e il finale col piccolo Miles morto col petto insanguinato, il che lascia sospettare che sia stato accoltellato dalla stessa istitutrice. Tutti momenti, per quanto "sognati", di estremo realismo. Il resto dello spettacolo, che rimane invece nelle regole, risulta di misurata eleganza, seppur un po' gelida. La bella scenografia firmata da Steffen Aarfing si avvale di una sala centrale con pianoforte, di un seminterrato che talvolta affiora svelando situazioni inquietanti e di tre siparietti sulla destra, uno sopra l'altro, dove compaiono di volta in volta i singoli personaggi, isolati, impossibilitati a interagire. Il su e giù delle inquadrature e lo spostamento dei pannelli servono anche a riempire i tempi morti fra le scene. Bravissimi tutti gli interpreti, Miah Persson (Istitutrice) e Jennifer Johnston (Mrs Grose) hanno voci sicure e padronanza scenica, i giovanissimi Sebastian Exall e Louise Moseley (Milles e Flora) passano con assoluta disinvoltura da una gioiosità apparente alle più torbide insinuazioni, Allison Cook (Miss Jessel) è un conturbante oggetto fantasmatico del desiderio, mentre Ian Bostridge riesce a diffondere una cupa e angosciante aura di mistero con la sua sola presenza, il personaggio di Peter Quint gli va a pennello. Come anche quello del Prologo, dove all'inizio dell'opera penzola sopra il pianoforte il corpo di Jessel impiccata, un'immagine parecchio esplicita che guasta un po' il progressivo disvelamento voluto da Britten. Ottimi i dodici strumentisti in buca, capaci di sonorità nette e taglienti nei quindici intermezzi delle Variazioni. Al termine grandi applausi per tutti, specie per Christoph Eschenbach alla sua prima esperienza scaligera come direttore di opera.

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