L'eleganza di Minkowski

Lucio Silla di Mozart alla Scala

Recensione
classica
Teatro alla Scala Milano
Wolfgang Amadeus Mozart
26 Febbraio 2015
L'invito a stare al gioco viene fatto fin dall'ouverture con le mezze luci in sala e ad apertura di sipario con un balletto "di corte". Poi il gioco è ribadito dai cantanti in abiti settecenteschi che spesso vanno in proscenio a sfoggiare la loro abilità con effetto straniante prima di tornare all'azione scenica. E un bel gioco anche musicalmente. Elegante, preciso, trasparente, impostato da Marc Minkowski per la prima volta sul podio scaligero, aiutato da un cast di prim'ordine, sempre perfettamente a suo agio con le forzature vocali d'epoca. Kresimir Spicer ha sostituito ottimamente Rolando Villazón indisposto nel ruolo del titolo, Marianne Crebassa (Cecilio) e l'arguta Giulia Semenzato (una Clelia che la sa lunga) le più convincenti, e poi Inga Kalna (Cinna) e Lenneke Ruiten (Giunia), non in perfetta forma. Minkowski si è preso anche due libertà, un ironico accenno del clavicembalo alla Marcia Nuziale di Mendelssohn durante il recitativo in cui il riluttante Cinna s'impegna a sposare Celia e nel finale quando corno, fagotto e oboe spuntano a mezzo busto dalla buca a introdurre l'aria del protagonista "Se al generoso ardire propizi son gli dei" dal Lucio Silla di Johann Christian Bach, composta cinque anni dopo quello mozartiano. Allo scopo di rimpolpare un po' la parte del tenore e dare maggior lustro alla clemenza risolutiva del tiranno che si esibisce su un praticabile sopra l'orchestra. Mentre una spiritosa libertà se l'è presa anche il regista Marshall Pynkoski attribuendo a Silla e alla sorella Celia atteggiamenti sporcaccioni quanto incestuosi. Le scene di Antoine Fontaine ricordano vagamente quelle "storiche" di Ezio Frigerio, pini marittimi con cipressi, architetture con colonne di legno a vista, siparietti con spropositate mura romane. Tutto l'insieme pare un raffinato dejà vu, ma che in tempi di stravolgimenti forzati e sgangherati, mette a suo agio lo spettatore permettendo un ascolto indisturbato di una musica dalle mille sorprese. Insomma un fortunato ritorno a Milano della terza opera milanese di Mozart (in edizione coprodotta dal Mozarteum e dal festival di Salisburgo) salutata al termine da lunghi applausi.

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