Un'altra incompiuta di Schubert

A Roma l'oratorio Lazarus del 1820, interrotto a metà del secondo atto

(foto Musacchio&Ianniello)
(foto Musacchio&Ianniello)
Recensione
classica
Festival di musica e arte sacra Roma
23 Ottobre 2014
Ogni anno il Festival Internazionale di Musica e Arte Sacra ospita un concerto dei Wiener Philharmoniker, sempre nella basilica di S. Paolo fuori le Mura, che è forse la chiesa con la peggiore acustica di Roma, non compensata dalla bellezza, perché dopo il rovinoso incendio del 1823 fu interamente ricostruita e il risultato è un edificio immenso e freddo. Ci si chiede perché non spostare questi concerti in un'altra sede: se non una sala da concerto, almeno una chiesa con un'acustica accettabile. Altre volte i Wiener con la pienezza e i colori di cui sono capaci hanno salvato il salvabile, ma Haydn, con l'orchestrazione leggera ma miracolosamente nitida della Creazione, e Bruckner, con le possenti sonorità della sua sesta sinfonia, evidentemente erano in grado di sopravvivere a questa acustica meglio dei delicati impasti orchestrali e delle sottili armonie di Schubert. Per di più l'orchestra non era molto numerosa e Ingo Metzmacher, per quel che si è potuto percepire, ha diretto come se fosse in una sala di dimensioni quasi cameristiche. Si percepivano discretamente le buone voci soliste, abbastanza bene l'ottimo coro Wiener Singverein, ma l'orchestra era poco più di un ronzio di fondo. L'occasione di ascoltare una delle opere più rare di Schubert, il suo unico e incompiuto oratorio Lazarus, è andata così in parte sprecata. Se non altro si è potuta constatare la libertà con cui i testi sacri sono trattati in questo oratorio, che si sofferma a lungo su fatti e personaggi inesistenti nel vangelo e si arresta dopo la morte di Lazzaro, proprio quando Gesù dovrebbe entrare "in scena" e compiere il miracolo: si è supposto che il motivo sia che Schubert non credeva nella resurrezione, tanto che nelle sue messe non musicava le parole "et expecto resurrectionem mortuorum". Il giudizio che si può azzardare, per quel che si è sentito, è che questa non è una delle grandi creazioni di Schubert, ma che non vi mancano pagine in cui si avverte la grandezza del suo autore.

Interpreti: Steve Davislim e Werner Güra, tenore; Rachel Harnisch, Christiane Libor e Sophie Karthäuser, soprano; Daniel Schmutzhard, baritono

Orchestra: Wiener Philharmoniker

Direttore: Ingo Metzmacher

Coro: Wiener Singverein

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