Le rughe di roccia di Lou Reed

Al Torino Gay and Lesbian Film Festival "Berlin", di Julian Schnabel

Recensione
pop
Torino Gay and Lesbian Film Festival
01 Maggio 2014
Al Torino Gay and Lesbian Film Festival, ventinovesima edizione, abbiamo visto il film che Julian Schnabel ha realizzato nel 2007, montando le riprese delle eccezionali serate che la St. Ann's Warehouse di Brooklyn, New York, organizzò per ascoltare in teatro "Berlin", il progetto che Lou Reed aveva inciso nel 1973 con un totale insuccesso commerciale di vendite. L'uomo dei Velvet Underground aveva toppato, per il mercato discografico americano: quel concept album era troppo triste, troppo cupo, parlava di una ragazza americana che era finita innamorata, e poi drogata, e poi madre single, e poi con i bambini portati via dai Servizi Sociali, e poi suicida. Troppo anche per i giovanotti alternativi dei Settanta. Da quel 2006, quando un Lou Reed dal volto imperterreo, scavato di rughe di dolore e di durezza esteriore, aveva finalmente potuto portare in scena violini, violoncello, contrabbasso, trombe, pianoforte, coro di voce bianche e back vocals, "Berlin" lo accompagnò sino all'anno della morte; Antony Hegarty, che cantava a New York con il suo facciotto quasi bambino in una memorabile "Candy Says", divenne la voce prediletta da Reed; nel film di Schnabel ci sono alcuni interminabili minuti in cui la maschera dell'uomo rock che aveva attraversato come una roccia decenni di coraggio e di eccessi pare quasi impercettibilmente commuoversi alla voce angelica e androgina di Antony. Questo Lou Reed, la cui morte ancora ci addolora e ci conferma orfani di un'era di giganti, è qui al TGLFF forse perché parla di amore, di dolore, di morte, di vite coraggiose che sfidano l'eterno ostracismo contro i non omologati al perbenismo e alla tristezza. In fondo, "Berlin" sarebbe soltanto la registrazione di un memorabile concerto, con una comparsata in alcune proiezioni della splendida Emmanuelle Seigner a interpretare la povera Caroline che si perde nella Berlino del Muro ancora in piedi. Eppure non è così: e la decina di canzoni, anche se non sottotitolate purtroppo dal festival, sono ormai un classico della musica del Novecento: «Candy dice che io detesto le grandi decisioni, che questo genera ripensamenti senza fine nella mia mente».

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