Wozzeck, o della miseria umana

Antonio Pappano continua la sua prima stagione al Covent Garden con una nuova produzione di Wozzeck, accolta trionfalmente da un pubblico entusiasta.

Recensione
classica
Royal Opera House (ROH) Londra
Alban Berg
15 Ottobre 2002
E' abbastanza sorprendente scoprire che il dramma originale da cui Alban Berg trae il suo Wozzeck era stato scritto quasi un secolo prima, rimasto incomputo per la morte del suo autore nel 1836: il Woyzeck di Georg Buchner, basato sulla storia vera di un mercenario condannato a morte nel 1824 per l'omicidio della sua amante, non sembra appartenere ad un mondo troppo lontano da quello che precede la prima guerra mondiale, quando per la prima volta il dramma raggiunge i palcoscenici viennesi nel maggio del 1914. Ed è pur vero che Berg nello scrivere il libretto riadatta il dramma alle proprie esigenze, anche sulla scorta delle proprie esperienze durante il servizio militare in tempo di guerra. Ma il senso di alienazione dei protagonisti, caratteri reali filtrati attraverso la lente del palcoscenico, rimane una costante, ed è uno degli elementi che dopo quasi ottant'anni dalla prima dell'opera, e dopo quasi due secoli dalla morte del vero Johann Christian Woyzeck, rende questo lavoro attuale e potente. Wozzeck è un lavoro che dal punto di vista della produzione probabilmente non soffrirebbe troppo con uno di quegli aggiornamenti tanto popolari sui palcoscenici operistici, e nel giusto contesto socio-religioso neanche il senso di colpa di Marie ed i suoi riferimenti biblici stonerebbero all'inizio del ventunesimo secolo. Ma nella sua nuova produzione per la Royal Opera House Keith Warner ha deciso piuttosto di accentuarne la vena espressionista, e di ambientarlo in un periodo indefinito, a fatica individuato dai costumi prevalentemente neutri di Marie-Jeanne Lecca. La scena fissa di Stefanos Lazaridis, un immenso studio medico di ceramica bianca, porta alla mente immagini di abbatoirs clinici e di camicie di forza, mentre su di un lato del proscenio è la baracca di Marie, separata dalla scena principale per mezzo di una parete mobile. Lo sfondo del palcoscenico si apre a rivelare un cielo insanguinato in cui sono proiettate le allucinazioni di Wozzeck, un eccellente Mathias Goerne, che si muove senza via d'uscita all'interno di questa atmosfera subdolamente oppressiva per tutta la durata del lavoro, rappresentato senza intervalli. Le diverse scene sono rappresentate attraverso modellini in grandi contenitori di vetro, che Wozzeck scopre a poco a poco: un campo di battaglia per il capitano, funghi e piante per Andres, animali imbalsamati per il dottore, a rappresentare una pseudo-realtà con cui i caratteri nella loro alienazione non hanno contatto. L'ultimo contenitore è una vasca trasparente piena di acqua, che rappresenta il lago sulle cui sponde Wozzeck uccide Marie, ed in cui infine annega, divenendo egli stesso un oggetto imbalsamato da esposizione. Katarina Dalayman è eccellente nel ruolo di Marie, e tutto il cast risponde ottimamente alle considerevoli difficoltà musicali e drammatiche del lavoro, in particolare Graham Clark nel ruolo del capitano ed Eric Halfvarson in quello del dottore. Antonio Pappano dirige con ricchezza di colori e di dinamiche una orchestra in grande forma.

Note: nuovo all.

Interpreti: Captain: Graham Clark, Wozzeck: Matthias Goerne; Andres: Alasdair Elliott; Marie: Katarina Dalayman; Margret: Claire Powell; Doctor: Eric Halfvarson; Drum Major: Kim Begley; First Apprentice: Quentin Hayes; Second Apprentice: Jeremy White; Idiot: Francis Egerton

Regia: Keith Warner

Scene: Stefanos Lazaridis

Costumi: Marie-Jeanne Lecca

Orchestra: Orchestra della Royal Opera House

Direttore: Antonio Pappano

Coro: Coro della Royal Opera House

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