Violoncelli di frontiera alla Biennale

Al Festival di Musica contemporanea della Biennale di Venezia protagonista il violoncello fra elettronica e performance 

Arne Deforce Violoncello Biennale Venezia
Arne Deforce
Recensione
classica
Venezia
Biennale Musica, Focus Violoncello
03 Ottobre 2017

Dopo l’apertura con la testa rivolta a Oriente, come ha raccontato Enrico Bettinello, la Biennale Musica 2017 torna a Occidente e atterra in un’isola tematica consacrata al violoncello. Tre tappe nella stessa giornata dedicate alle esperienze più avanzate con protagonista al violoncello, il più versatile e “umano” della famiglia degli archi e da secoli campo di sperimentazioni musicali.

Apre la rassegna nella Sala delle Colonne di Ca’ Giustinian la versatilità del ventottenne Michele Marco Rossi con un programma pirotecnico fatto apposta per esaltare le straordinarie qualità di strumentista e performer del violoncellista romano, allievo a Santa Cecilia di Giovanni Sollima. Il viaggio dentro e attorno alle possibilità dello strumento si apre con il furioso Kottos del 1977 di Iannis Xenakis, pezzo di sonorità materiche veicolo del tormentato vissuto del compositore. Un’irresistibile ritmicità latinoamericana anima Mood, pezzo eseguito in prima italiana del messicano Arturo Fuentes, che Rossi dedica alle vittime del recente terremoto in Messico e a quelle del centro Italia. Dal primitivismo percussivo di Fuentes alle melopee mediterranee della “Musica per violoncello ed elettronica” di Gabriele Cosmi eseguito in prima assoluta. Strutturato in quattro tempi come un classico, Cosmi scompone le componenti pulsanti e vive delle linee musicali riflesse e moltiplicate nelle tracce sonore dell’elettronica live. Un’essenza intimamente teatrale anima gli ultimi due pezzi in programma. La Légende St. Martin di Sofia Avramidou in prima assoluta drammatizza attraverso l’intreccio di linee melodiche, ritmiche e vocali il tormentato rapporto uomo-donna del monologo “Je l’ai perdue” di Jean Cocteau sulla scena dello strumento. Più smaccatamente teatrale Forward and downward, turning neither to the left nor to the right, autentica micro-opera di Lucia Ronchetti adattata per violoncello dallo stesso Rossi solo che prende ispirazione dal mito del labirinto (il titolo fa riferimento alle istruzioni di Arianna a Teseo secondo il racconto di Plutarco). Performance integrale del violoncellista in movimento sulla scena, seguendo un percorso fra leggi e cumuli di sedie che porta nei percorsi tortuosi del labirinto evocati dalle sinuose linee melodiche, alla lotta feroce contro il Minotauro e sulla spiaggia di Nasso per la conclusione sull’eco delle note monteverdiane del lamento di Arianna. Gran successo per l’istrionico Rossi che ringrazia regalando un lungo fuori programma con personali omaggi a Sollima e De André.

Di ispirazione più classica e di carattere marcatamente più ascetico e introverso il programma fatto di pezzi tutti inediti per l’Italia proposto dalla francese Séverine Ballon dal suo catalogo di pezzi sviluppati attraverso l’interazione e il dialogo con compositori come Helmut Lachenmann, Rebecca Saunders, Chaya Czernowin o James Dillon, quando non espressamente composti per il suo violoncello (Liza Lim, Franck Bedrossian, Mauro Lanza). Significativamente aperto dagli intrecci sonori appena sussurrati di Solitude (2013) di Rebecca Saunders, quasi una epitome per un programma fatto di suoni che richiamano il silenzio, idealmente collegato alla sequenza di glissando che si dissolvono in suoni appena sussurrati come in un respiro di Adentium Capillus Veneris n. 1 / Songs of the muted one (2015) di Chaya Czernowin. Più aperto a sperimentazioni sonore il pezzo The spider as an artist (2014) di Franck Bedrossian con un intreccio di vibrazioni classiche prodotte dall’archetto, di quelle stridenti del doppio archetto e percussive di un ferro oscillante sulla tastiera fra le corde. Un dialogo suggestivo fra due strumenti è quello che si stabilisce in An ocean beyond earth (2016) di Liza Lim: un dialogo di suoni tenui che passa attraverso un singolare intreccio di corde, in questo caso fisiche, fra il violoncello cinto dall’abbraccio della strumentista e il violino che sta loro di fronte. Altro dialogo anche nell’ultimo dei pezzi in programma, Black Bird (2013) di Thierry Blondeau: la pura fisicità del suono dello strumento, dalle sonorità più gravi, sale e duetta con ornitologiche sonorità sintetiche del nastro magnetico.

Cambio radicale di registro per la terza e ultima tappa nella Sala d’armi all’Arsenale che vede protagonista il belga Arne Deforce. Con lui l’anima antica dello strumento si proietta ai confini dello spazio e della tecnologia: musicista e ricercatore, Deforce è affascinato da nuovi concetti e relazioni che si sviluppano fra strumento, gesto musicale e elettronica in quel territorio ancora inesplorato all’intersezione fra arte, scienza e tecnologia. Entrambi i pezzi che presenta in prima esecuzione italiana sono il frutto di quell’interesse e della collaborazione con i compositori Raphaël Cendo e Richard Barrett. Una vera esplosione di selvaggia energia sonora in Foris (2012) di Raphaël Cendo: il suono di una foresta immaginaria e sconosciuta viene amplificato e incanalato in un avvolgente e vertiginoso movimento circolare dell’elettronica e spazializzazione in otto canali curata dal Centre Henri Pousseur e la regia del suono di Patrick Delges. Un grande affresco di quasi un’ora è quello costruito in Life form di Richard Barrett. La vita di cui si parla è quella delle nuove forme virtuali o di realtà aumentata possibili grazie allo sviluppo tecnologico. Se molti guardano con diffidenza se non repulsione a questi sviluppi, Barrett cerca piuttosto di sviluppare una poetica cosmica dal segno molto personale integrando la freddezza tecnologica di suoni elettronici sintetici alle sonorità più estreme del violoncello, che Deforce estrae con sorprendente energia dal suo strumento (“che non è più quello di Bach o Vivaldi” come spiega al pubblico) nelle 10 stazioni del lavoro di Barrett. Deforce trascina un passo oltre la frontiera e ci prende la vertigine.

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

classica

Napoli: per il Maggio della Musica

classica

Nuova opera sul dramma dell’emigrazione

classica

Al Theater Basel L’incoronazione di Poppea di Monteverdi e il Requiem di Mozart in versione scenica