Torna l'Ester di Stradella

Al Festival Barocco Alessandro Stradella bella esecuzione dell'oratorio, capolavoro del secondo Seicento, con la direzione di Andrea De Carlo

Roberta Mameli e Andrea De Carlo, Festival Stradella
Roberta Mameli e Andrea De Carlo (foto di Antonino Scordo)
Recensione
classica
Viterbo, Chiesa di Santa Maria della Verità
Festival Barocco Alessandro Stradella
01 Settembre 2018

Il Festival Barocco Alessandro Stradella è stato inaugurato con Ester, liberatrice del popolo ebreo (Roma, circa 1673). È il primo dei sei oratori superstiti di Stradella e, grazie all’opera di apostolato di Andrea De Carlo, che lo dirigeva in questa occasione, non è più una rarità, tanto che se ne contano varie esecuzioni nel recente passato e altre sono programmate nel prossimo futuro.

Lo stesso De Carlo lo aveva diretto nel 2016 in questo stesso festival e poi a Roma, Napoli, Jesi e altre città. Allora lo eseguirono i giovani dell’Ensemble Stradella Y-Project, dove Y sta per young: si tratta di un’iniziativa dello stesso De Carlo che coinvolge principalmente studenti di conservatorio. La loro esecuzione, all'epoca, fu assolutamente soddisfacente, e fece capire senza ombra di dubbio il valore di questo vero capolavoro del secondo barocco. Ma questa volta i cantanti erano tra i migliori in questo repertorio e con la loro esperienza e la loro conoscenza hanno fatto non solo capire, ma godere pienamente questa musica, valorizzando splendidamente le peculiarità stilistiche ed espressive di un compositore dalla forte personalità come Stradella, che usa con geniale spregiudicatezza – un po’ come Monteverdi, mutatis mutandis – tutta la gamma espressiva offertagli dalla musica del passato, come il contrappunto vocale e un recitar cantando molto plastico, e del presente, come una grande varietà di forme di aria e una vocalità fiorita che si apre al virtuosismo.

In più ci mette di suo l’uso di tonalità rare e di modulazioni improvvise per connotare le situazioni drammatiche più tese: per trovare qualcosa di paragonabile bisogna risalire indietro fino a Gesualdo o fare un salto in avanti di molti anni. Si diverte anche a ricorrere a bizzarrie come i ritmi spagnoleggianti che connotano la Speranza Celeste, una di quelle figure allegoriche tipiche della devozione romana, che Stradella doveva ritenere superate e ormai indigeribili e che perciò trasformò a modo suo, rendendole più umane e ravvivandole con effetti insoliti. Certamente questi ritmi esotici non sarebbero stati così evidenti se Simone Vallerotonda, uno degli ottimi strumentisti dell’ensemble Mare Nostrum, non li avesse valorizzati mettendo  momentaneamente da parte l’arciliuto per imbracciare la chitarra barocca.

Festival Stradella
Foto di Antonino Scordo

Passiamo così all’interpretazione, che – come già accennato –  ha messo in piena luce la forza drammatica dell'Ester, che non per nulla si basa su una storia biblica che potrebbe essere definita melodrammatica. Anche questa volta, come nel primo ascolto di due anni fa, una delle pagine di maggior impatto è apparsa la grande scena della protagonista nella prima parte, articolata in una serie di sezioni che vanno avanti e indietro dal recitativo all'arioso e all'aria, senza cesure: nell'interpretazione di Roberta Mameli ha assunto una grandiosità tragica che ne fa un vertice della musica del Seicento. Nel ruolo del "cattivo" Amman il baritono Sergio Foresti ha fatto meraviglie sia nei momenti drammatici sia nei passaggi fioriti e virtuosistici. Salvo Vitale, nel ruolo del “buono” Assuero, ha messo insieme due cose considerate quasi incompatibili, cioè registro grave da basso profondo e agilità. Molto bene nella parte della Speranza Celeste la giovane Cristina Fanelli, che stava alla pari con questi artisti più noti ed esperti. Paola Valentina Molinari e Filippo Mineccia erano un lusso in due ruoli minori. Impeccabili gli otto strumentisti dell'ensemble Mare Nostrum. Tutti sotto la direzione più che affidabile di Andrea De Carlo.

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