Terra, cielo e infinito

Un viaggio nelle delicate e intangibili sinfonie dell'islandese Olafur Arnalds

Foto Andrea Mariniello
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Recensione
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MITO Settembre Musica Milano
15 Settembre 2011
Il venticinquenne pianista e compositore islandese Olafur Arnalds ha una missione: unire tangibile e intangibile attraverso la propria musica. Gli spazi più idonei ad ospitare le sue performance sono club e teatri: luoghi raccolti in cui è possibile farsi investire da una tormenta gentile di suoni, luci, silenzio (ovvero il non-suono che, se incluso, diventa elemento di coesione). Il concerto tenuto presso il Teatro Out Off di Milano è stato un viaggio nei paesaggi disabitati, sospesi e refrattari ad ogni catalogazione che Arnalds ama frequentare. La parola chiave per descrivere l’esibizione è "attesa". Ascoltare questa musica significa avere il ruolo di connettore emotivo tra le note. La componente ritmica non conta quasi nulla nel lavoro di Arnalds, che tende fortemente verso la melodia. Accompagnato da cinque comprimari (un manipolatore di suoni e un quartetto d’archi, che il band leader sceglie di lasciare nell’anonimato), Olafur Arnalds inizia il concerto milanese con quattro estratti dal recente “...And They Have Escaped the Weight of Darkness” (“Þú Ert Sólin”, “Þú Ert Jörðin“, “Tunglið”, “Loftið Verður Skyndilega Kalt” – eseguiti nella stessa sequenza in cui compaiono su disco) per poi estrapolare brani da “Dyad 1909” (da “Brotsjór”) e “Variations of Static” (da “Fok”). Il tutto prende il sapore di una lunga suite, in cui electronic e ambient (non mancano rimandi al lavoro e alla ricerca dei primi Tangerine Dream e Kraftwerk) si miscelano, dando forma a un lirismo smaccatamente nordico sempre pronto ad accogliere e stimolare gli interventi degli archi, che fungono da stabilizzatori e inseriscono frasi barocche o aperture soliste. “Erla's Waltz” (da “Found Song”) è il bis per solo pianoforte con il quale Arnalds si congeda dal pubblico.

Interpreti: Olafur Arnlads (pianoforte, electronics)

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