Pereira alla Scala: uno strano lieto fine?

Forse se ne dovrà andare a fine 2015

Recensione
classica
Dopo settimane convulse si è per ora conclusa la controversia fra il sovrintendente designato Alexander Pereira e il Consiglio di amministrazione del Teatro alla Scala. Sfilatosi il Ministro della cultura Franceschini, che pilatescamente ha declinato ogni decisione in merito e restituito il cerino nelle mani dei consiglieri del teatro milanese, sentito il parere dell’esperto di diritto del lavoro sulla legittimità dei contatti tradotti in contratti, il Consiglio ha deciso: che Pereira resti fino a fine 2015. E poi si vedrà. Soddisfatto è il Sindaco di Milano Pisapia, che aveva fatto la voce grossa («L'errore è certo. È indubbio che Pereira è andato oltre i propri poteri» e quindi le scuse «non potevano essere sufficienti») e che, nonostante qualche iniziale reticenza, ora rivendica il merito di aver fatto passare il principio che ogni decisione di Pereira d’ora in avanti dovrà essere ratificata dal c.d.a. (ma non doveva già essere così secondo lo Statuto della Fondazione? Si veda l’articolo 8.1(d): «Il Consiglio di amministrazione approva, su proposta del Sovrintendente, con particolare attenzione ai vincoli di bilancio, i programmi di attività artistica su base triennale e annuale con i relativi bilanci previsionali».).

Pereira umiliato? Niente affatto! L’imputato rivela che questa soluzione è stato lui stesso a proporla, e, dal suo punto di vista, non somiglia affatto a un licenziamento: «Se l’atmosfera resta questa, no. Ma se, come spero, riuscirò a convincere i miei collaboratori, il c.d.a., gli artisti e naturalmente il pubblico della validità del mio lavoro, sì. Continuo a credere di essere l’uomo giusto al posto giusto» ha dichiarato a "la Stampa" del 16 maggio) . Del conflitto di interessi nella compravendita delle produzioni di Salisburgo non si parla più, e del resto quando mai il conflitto di interessi è stato un problema in Italia? Chissà che da qui al 2015 il probabile successo della gestione dell’abile Pereira nella caldissima stagione dell’Expo non faccia svaporare le polemiche. Lieto fine dunque? Qualche dubbio resta.

A meno di accordi occulti, la soluzione precarizza la figura del sovrintendente e gli spunta una delle due armi più potente per il successo, ossia la capacità di programmare su un orizzonte lungo. Alla stagione 2015/2016 chi ci sta pensando? Un altro sovrintendente con “mandato esplorativo” (ma senza capacità di firmare contratti)? E che succederà al Direttore musicale designato Riccardo Chailly, che ha minacciato di andarsene se Pereira se ne andrà? I grandi concorrenti internazionali lavorano su orizzonti ben diversi: a Vienna Dominique Meyer scadrà nel 2020, a Monaco Nikolaus Bachler nel 2017, a Bruxelles Peter de Caluwe nel 2019 e, nel suo piccolo, a Francoforte Bernd Loebe nel 2024. Stabilità significa potersi impegnare per assicurarsi presenze prestigiose che sollevano la qualità artistica del teatro. L’altra arma, ossia la certezza nel flusso dei finanziamenti, spiegava, almeno in parte, la sua nomina, essendo Pereira uno noto per la capacità di attrarre sponsor. In tempi di vacche magre per le casse statali, questa risorsa è fondamentale per una programmazione artisticamente significativa. Che faranno i soci privati della Scala davanti alla prospettiva che dopo il 2015 la Scala diventi teatro dell’ennesima guerra per bande?

La debolezza strutturale dei teatri lirici in Italia è legata proprio a questi due elementi, come insegna, per contrasto, il successo delle gestioni della Fenice a Venezia, che da qualche anno programma “alla tedesca” su orizzonti insolitamente lunghi per la media italiana, e il da sempre finanziariamente oculato Regio di Torino. Non resta che augurarsi che, passato lo scandalo, per la Scala si prendano le decisioni adeguate per riposizionarla in un ruolo di rango nel panorama internazionale.

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