Musica contemporanea per riflettere e immaginare

Al Festival Pontino di Sermoneta in prima italiana l’azione scenica scritta da Alessandro Solbiati su testo di Cervantes

Solbiati - Festival Pontino
Foto di Cesare Galanti
Recensione
classica
Castello Caetani, Sermoneta
Incontri Internazionali di Musica Contemporanea, Festival Pontino
01 Luglio 2018

L’esaltazione di un immaginario teatro musicale, della capacità che i suoni hanno di raccontare quello che gli occhi non possono percepire, all’interno di una storia, amaramente ironica, in cui viceversa l’incapacità di vedere ciò che in realtà non esiste – dunque l’incapacità di "adeguarsi" alla menzogna – è la triste premessa per l’esclusione sociale. Sembra giocare anche su questo paradosso il lavoro di Alessandro Solbiati presentato, in prima esecuzione italiana, nell’applaudito concerto che ha concluso gli Incontri Internazionali di Musica Contemporanea al Castello Caetani di Sermoneta, nell’ambito del Festival Pontino 2018.

In realtà Il n’est pas comme nous! - Une fable de tous les temps (azione scenica per voce femminile cantante e recitante, violino, viola, violoncello e percussioni) è riuscita a catturare l’attenzione del pubblico per quasi un’ora grazie a diversi ingredienti. Innanzitutto la scelta di un testo, quello tratto de El retablo de las maravillas di Cervantes, di cui lo stesso compositore ha sottolineato la vis comica ma anche la capacità di far riflettere su come viene trattato il "diverso". Poi l’attenzione, quasi maniacale, a una scrittura musicale che consentisse di differenziare al massimo le possibilità espressive e timbriche di un organico così ridotto, risultato che l’autore ha ben raggiunto mettendo a frutto un consumato artigianato compositivo. Ancor più determinante poi la presenza di un’artista come Mathilde Barthélemy capace di passare in modo veloce e naturale dal canto alla recitazione e viceversa, arricchendo il tutto con un’espressiva gestualità.

Ecco dunque la storia del ciarlatano Chanfalla che mostra ai potenti e ai benpensanti un teatrino nel quale soltanto chi non appartiene al "lato cattivo" della società (ovvero, nella Spagna del XVII secolo, Ebrei convertiti o figli illegittimi) può vedere le storie meravigliose che vi vengono rappresentate. Esattamente come nella favola di Andersen, tutti confermano quello che in realtà non c’è, nella prima l’inganno riguarda i vestiti dell’imperatore mentre in Cervantes è il piccolo retablo a restare vuoto. Qui però chi alla fine rivela di non vedere nulla, viene additato come diverso ed emarginato, esito che sembra riproporsi in ogni epoca.

E tuttavia mentre l’ottima Barthélemy dava rapidamente voce a tutti i personaggi della vicenda, le storie inesistenti che il ciarlatano voleva far passare per reali paradossalmente diventavano tali proprio grazie alla musica: Sansone in procinto di far crollare il tempio, la miracolosa acqua caduta dal cielo per ringiovanire i volti delle signore, la bella Erodiade e la sua sensuale danza. Solbiati però non ha voluto scrivere una musica "ingannevole", il suo è stato viceversa un fervente atto di fede nel teatro musicale, in quella capacità di stimolare l’immaginazione che l’arte di Euterpe ha sempre posseduto, ricollegandosi in qualche modo all’esperienza che da Monteverdi in poi è entrata a far parte della cultura occidentale.

Un richiamo al passato che ha caratterizzato anche l’altro interessante lavoro in programma, Breccia nel suono di Luca Ricci, in prima esecuzione assoluta. Il giovane autore ha voluto riallacciarsi al mondo del madrigale seicentesco per esplorare l’ambiguità tra timbro e armonia, realizzando un lavoro in cui il trio d’archi di ATMusica ha potuto interagire al proprio interno in maniera estremamente poliedrica. Un serrato ma conciso dialogo strumentale che, giocando su un’ampia gamma dinamica, glissandi e pizzicati, è sembrato in ultimo dissolversi con la stessa naturalezza con cui era iniziato.

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