Manrico va alla guerra

Roma: Ollé immerge Trovatore in un'atmosfera di guerra che trasforma le passioni in odio

Recensione
classica
Teatro dell'Opera Roma
Giuseppe Verdi
02 Marzo 2017
Il Trovatore non torna spesso nella città dove ha visto la luce, all'Opera mancava infatti da sedici anni, ma quest'allestimento ha ricompensato almeno in parte il pubblico della lunga assenza. Certamente non è stato rispettato in toto il vecchio detto secondo cui per rappresentare il Trovatore ci vogliono i quattro migliori cantanti del mondo... e poi oggi nemmeno quello basta più, ci vogliono anche un grande direttore e un grande regista. Però, tirando le somme, la storia di Manrico & C. è stata raccontata bene, anche senza avere a disposizione voci torrenziali. Alex Ollé della Fura dels Baus da qualche anno ha cambiato registro, non riempie più il palcoscenico di gigantesche macchine sceniche e di figuranti acrobatici, ma individua l'essenziale e su quello lavora. Funziona benissimo col Trovatore, l'opera più essenziale, che punta esclusivamente su alcuni pochi momenti chiave, in cui si scatenano grandi e quasi sovrumane passioni. Il tono dello spettacolo lo dà la prima scena. Il sipario si alza su un palcoscenico vuoto, delimitato su tre lati da pareti di specchi bruniti, che riflettono e moltiplicano un battaglione schierato di soldati della prima guerra mondiale: la guerra, questa pazzia insensata, che porta i contendenti ad agire come persone ossessionate dalle passioni e dall'odio, è l'aria che respirano i protagonisti di quest'opera, e indubbiamente quell'esercito di uomini nemmeno più riconoscibili come uomini, perché hanno le maschere antigas calate sul volto, esprime la violenza della guerra molto più dei pittoreschi e quasi bonaccioni sgherri di routine, che stanno ad ascoltare il racconto di Ferrando come bambinoni cui si narri una favola. La scena resta sempre quella, praticamente vuota, se non per grandi monoliti che escono dal suolo e che, per esempio, trasformano l'ultimo quadro del primo atto in una sorta di labirinto che rende credibile l'incredibile scambio di persone per cui Leonora si getta nelle braccia del Conte invece che in quelle di Manrico. Basta poco a Àlex Ollé per tratteggiare efficacemente personaggi, situazioni e atmosfere. Con qualche idea che a qualcuno non è piaciuta: per esempio, Manrico, a ribadire ulteriormente l'odio violento tra i protagonisti, viene ammazzato in scena personalmente dal Conte con un colpo di pistola (d'altronde è assolutamente impossibile che venga trascinato al patibolo e giustiziato nei pochi secondi che la musica concede allo svolgimenti di questi fatti). Tra i collaboratori del regista catalano, va segnalato almeno Urs Schönebaum per le sue bellissime luci. Dopo la rinuncia di Sartori e Àlvarez, è toccato a Stefano Secco interpretare Manrico: canta con stile e tecnica apprezzabili, si fa valere nelle pagine più liriche, ma nei momenti più drammatici - come il terzetto che chiude il primo atto - quasi sparisce e nella "Pira" tira fuori acuti un po' striminziti. Ha due facce anche la Leonora di Tatjana Serjan: è in affanno nelle sue due arie, dove tortura le estatiche melodie verdiane con disuguaglianze di registro, fiati corti, dinamiche casuali; ma fa cose bellissime nelle scene a due con il Conte o con Manrico, quando le vengono richieste arcate vocali meno ampie. Simone Piazzola dimostra con classe che non perché sia un cattivo il Conte deve cantare in modo "cattivo", brutale e forzato, ma rispetta in pieno la nobiltà dello stile verdiano. Lo stesso - e di più - va detto dell'Azucena di Ekaterina Semenchuk, vera trionfatrice della serata. Ci si poteva attendere di più da un giovane promettente come Jader Bignamini, che ha tenuto tutto sotto controllo, ma ha centrato solo episodicamente le tinte verdiane, per il resto scegliendo tempi e dinamiche uniformi e non trovando quelle brucianti progressioni drammatiche che il Trovatore esige.

Note: Nuovo allestimento in coproduzione con De Nationale Opera di Amsterdam e Opéra National di Parigi

Interpreti: Tatiana Serjan/Vittoria Yeo, Ekaterina Semenchuk/Silvia Beltrami, Stefano Secco/Diego Cavazzin, Simone Piazzola/Rodolfo Giugliani, Carlo Cigni, Reut Ventorero, Aleandro Mariani, Riccardo Coltellacci/Francesco Luccioni, Aurelio Cicero/Giordano Massaro

Regia: Àlex Ollé

Scene: Alfons Flores

Costumi: Lluc Castells

Orchestra: Orchestra del Teatro dell'Opera di Roma

Direttore: Jader Bignamini

Coro: Coro del Teatro dell'Opera di Roma

Maestro Coro: Roberto Gabbiani

Luci: Urs Schönebaum

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

classica

I poco noti mottetti e i semisconosciuti versetti diretti da Flavio Colusso a Sant’Apollinare, dove Carissimi fu maestro di cappella per quasi mezzo secolo

classica

Arte concert propone l’opera Melancholia di Mikael Karlsson tratta dal film omonimo di Lars von Trier presentata con successo a Stoccolma nello scorso autunno

classica

Piace l’allestimento di McVicar, ottimo il mezzosoprano Lea Desandre