La Natività secondo Panariello

Napoli: la Pietà dei Turchini ripropone l'oratorio Nativitas a vent'anni dalla prima esecuzione

Nativitas di Gaetano Panariello
Nativitas di Gaetano Panariello
Recensione
Santa Maria Incoronatella, Napoli
Nativitas di Gaetano Panariello
15 Dicembre 2017

All'antica o non all'antica? è un falso dilemma. Lo si verifica molteplici volte: il vero problema  si pone nel saper interpretare al di là della partitura, senza discriminare il messaggio del compositore. Nella chiesa Santa Maria Incoronatella alla Pietà dei Turchini di Napoli, all'ascolto dell'oratorio Nativitas di Gaetano Panariello, la domanda trova risposta, quando, sulle ultime battute "dominu cristu" del coro a cappella, il mistero della nascita si trasforma in intrecci prima omofonici poi imitativi con il coro di voci bianche su "Ave Maria piena di Grazia", seguiti da passaggi strumentali con colorature di legni, rintocchi ostinati del pianoforte, la spavalderia degli archi pizzicati, effetti d'acqua su nastro magnetico, simbolo di vita: moderno come una canzone, antico nel cuore, ma con quelle pennellate misteriose, a volte acide del nostro secolo, il tutto sotto le mani sapienti del direttore Antonio Maione. Possiamo per un attimo restare disorientati, ma tanto è efficace l'insieme con nove strumentisti, tre voci soliste e due cori, che subito ci allineiamo alla nuova prospettiva di natività. A vent'anni di distanza dalla sua prima esecuzione assoluta commissionata dalla Fondazione Pietà de’ Turchini, quest'oratorio, su testo dello stesso Panariello, viene riproposto sotto nuova veste dalla stessa Fondazione con il suo coro diretto da Davide Troìa, quello di voci bianche di San Rocco, notevolmente migliorato dall'ultimo ascolto di qualche anno fa, insieme al coro del 48° Circolo diretto da Salvatore Murru, per il progetto in collaborazione con il MIBAC "Note da Salvare". La struttura stilistica della composizione, chiusa in forme, e forse anche il suo tratto interiore principale, l'atto del partorire, disegnano una mappa entro la quale filastrocche, onomatopea, giochi retorici e ritmi, spesso a rievocare l'infanzia, lievitano, affiorano in una sonorità commovente. Riempiono la chiesa i momenti più intimi e lirici: l'aria del contralto, Candida Guida, Te solo adoro, è un incanto di intonazione e fraseggio cullanti, emozionante sullo "Stringerti al seno". Qualche difficoltà di fraseggio incontra il duo basso, Filippo Morace, e tenore, Leopoldo Punziano, dove deve uscire tutto il rigore abissale dell'oratorio in latino. Bravi nei soli il clarinetto, Scotto Galletta, ed il flautista Antonio Nicolaci, insieme a quei momenti semplicemente quartettistici degli archi: Giuseppe Guida, Antonio Salerno, Mario dell'Angelo, Giovanni Sanarico e Antonio Lambiase al contrabbasso, che Panariello cesella, intrecciati al pianoforte, Carlo Gargiulo e alle percussioni, Pasquale Benincasa, come pagine segrete di una lettera. A conferma che la macchina, alla Fondazione Pietà de’ Turchini, funziona.