La grande bellezza di Schumann

Roma: con Gatti un'integrale sinfonica che già al primo concerto si preannuncia rivelatrice

Recensione
classica
Accademia di Santa Cecilia Roma
14 Marzo 2016
Daniele Gatti torna saltuariamente a Roma, dove è stato direttore musicale dal 1992 al 1997, poco più che trentenne. E torna ogni volta più maturo e forgiato dalle integrali delle Sinfonie di Beethoven, Schumann, Brahms e Mahler - da lui dirette negli ultimi anni in mezzo mondo con le più grandi orchestre - in quel grande repertorio ottocentesco in cui aveva difficoltà a calarsi totalmente da giovane. E trova ogni volta più matura anche l'orchestra di Santa Cecilia. Questa volta è tornato per le quattro Sinfonie di Schumann, cominciando con la Prima e la Terza. Con gesto elegante, sobrio, efficace il direttore milanese ha ottenuto dall'orchestra romana un suono di grande bellezza, sfatando le consuete critiche all'orchestrazione di Schumann, che invece come nessun altro sa trarre dagli archi un canto caldo e palpitante e dagli ottoni una nobile monumentalità. Ma in un'intervista Gatti ha detto una grande verità: più ancora che il suono in se stesso qui "contano soprattutto i tempi e l'articolazione". E, dopo averlo detto, lo ha messo in pratica in modo stupendo. Ha individuato perfettamente le differenze tra due Sinfonie che - lo confessiamo - tendevamo a considerare sostanzialmente simili. Nella Prima la fantasia romantica di Schumann, la sua soggettività irrequieta, inafferrabile, turbata da dubbi e attraversata da slanci fiammeggianti e ripiegamenti ombrosi. Nella Terza (in realtà la quarta e ultima in ordine cronologico) la ricerca di un tono epico, imponente, che, mettendo da parte i turbamenti personali, aspira ad un'intonazione universale, che possa parlare a tutti senza possibilità di equivoci e fraintendimenti: è questo il suo carattere "popolare", di cui parla lo stesso Schumann. In attesa della Seconda e della Quarta, si può già dire che questo ciclo rivelerà come Schumann abbia una posizione forse un po' appartata ma assolutamente fondamentale nel percorso della Sinfonia post beethoveniana. E soprattutto rivelerà, al di la dei dubbi ancora spesso sollevati, la bellezza assoluta di questa musica. Quasi un post scriptum: tra le due Sinfonie una raccolta e intensa interpretazione della Rapsodia per contralto, coro maschile e orchestra di Brahms, solista la magnifica Sara Mingardo.

Interpreti: Sara Mingrado, contralto

Orchestra: Orchestra dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia

Direttore: Daniele Gatti

Coro: Coro dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia

Maestro Coro: Ciro Visco

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

classica

Al Teatro Malibran, dirige Giovanni Mancuso

classica

Eccellente realizzazione del capolavoro quasi-testamentario di Messiaen al Grand Théâtre di Ginevra

classica

Raffinato ciclo di concerti dell’Accademia Bartolomeo Cristofori per il festival del Maggio Musicale Fiorentino