Jane Birkin, la principessa di Monaco

La data monegasca del tour di Jane Birkin, ventitré canzoni di Serge Gainsbourg con l’accompagnamento dell’Orchestra Filarmonica di Montecarlo.

Recensione
pop
Opéra Garnier Montecarlo Montecarlo
11 Maggio 2017

“Il fait un temps abominable, heureusement tu as ton imperméable”: è azzeccata la scelta di aprire il concerto con "La gadoue", visto che stasera la Costa, più che Azzurra, è Grigia. Pubblico delle grandi occasioni, tutto esaurito alla Salle Garnier, un gioiello architettonico di fine Ottocento con grandi vetrate che danno sul mare e una struttura di travi in ferro ideata da Gustave Eiffel. Orchestra di quaranta elementi e al pianoforte il compositore giapponese Nobuyuki Nakajima, a cui si devono gli arrangiamenti orchestrali che abbiamo apprezzato nel disco Le symphonique (QUI la recensione). Durante l’ora e quarantacinque di concerto vengono proposti tutti i brani del disco, più un medley strumentale che ha il suo vertice nella melodia assassina di "Je t’aime, moi non plus". Jane Birkin fa il suo ingresso indossando stivaletti scamosciati neri a tacco basso, camicia bianca e sopra un completo nero da uomo di una taglia più grande della sua: inutile dire che, nella sua apparente imperfezione, è perfetta. Malgrado il peso degli anni rimane una giovane donna senza età, timida e con un sorriso complice verso il suo pubblico. Chiariamo subito una cosa: la Birkin non ha mai avuto una voce eccezionale ma nessuno al mondo canta Gainsbourg con più trasporto e più sensibilità di lei. Come detto, si parte con "La gadoue" ed è un tourbillon di emozioni: del resto non potrebbe essere altrimenti con le canzoni di Gainsbourg, uno dei più grandi autori europei degli ultimi cinquant’anni. È un viaggio doloroso, popolato da immagini strane, si va da "Melody Nelson" all’uomo dalla testa a forma di cavolo: "Amour des feintes", la deliziosa "Baby alone in Babylone", le allitterazioni divertenti di "Exercise en forme de Z", i momenti più intimisti di "Les dessous chic" e "Pull Marine". E quando arriva "Requiem pour un con" sembra quasi di vederlo, Gainsbourg, mentre si accende la milionesima sigaretta con una banconota da cinquecento franchi, sornione, mal rasato, ruvido, vivo. "Et dansant la Javanaise nous nous aimions le temps d’une chanson": il pubblico, ormai in piedi, canta le parole de "La Javanaise", pezzo che ha il compito di chiudere la scaletta, e al termine parte una standing ovation di cinque minuti, con la Birkin costretta a tornare sul palco per tre volte a salutare e ringraziare gli spettatori. Serata nostalgica? Non si può negare, ma alle volte la nostalgia ha un sapore dolce, sa di buono. Mentre faccio ritorno verso Ventimiglia penso che finalmente ho coronato il sogno di sentire dal vivo Jane Birkin cantare "Jane B" e, mentre sto attraversando una Mentone deserta, alla radio David Bowie canta "under the moonlight, this serious moonlight": guardo il mare e vedo il riflesso tremolante della luna. È l’attimo perfetto ma dura per l’appunto un attimo: la frontiera con l’Italia è chiusa, militari ovunque, controlli, c’è il G7. Mi esce un’imprecazione ma non la scrivo.

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