Il viaggio operistico al Teatro delle Muse

 

Carmen e Barbiere di Siviglia per la prima parte della stagione dei teatri di Ancona e Jesi

Teatro della Muse Ancona
Foto di Giorgio Pergolini
Recensione
classica
Teatro delle Muse, Ancona
Carmen e Barbiere di Siviglia
15 Ottobre 2017 - 18 Ottobre 2017

Filo conduttore della stagione lirica congiunta dei teatri di Ancona e Jesi è il tema del viaggio, scandito attraverso alcune città care alla musica.

La prima parte della stagione si è svolta tra settembre e ottobre ad Ancona, Teatro delle Muse, con due opere ambientate a Siviglia, Carmen e il Barbiere rossiniano. Opere molto diverse, dove l’ambientazione nella città spagnola è solo pretestuosa nel Barbiere, ed estremamente caratterizzante in Carmen. Che ha goduto di un allestimento sobrio ma efficace, a tratti iperrealista (penso alla porta che si apre sul vero vicolo dietro il teatro; ad alcune scene completamente spoglie e senza fondale dove spicca la crudezza delle luci al neon delle quinte). Tale ostentata semplicità delle scene, che ricordano quelle di un set cinematografico secondo gli intenti del regista e scenografo Francesco Saponaro, si sposa bene con il personaggio di Carmen: più che sensuale, è una donna dura, priva di qualsiasi tratto di dolcezza, pronta a tutto pur di conservare la propria libertà. Nel cast si sono distinte Martina Belli, mezzosoprano dalla voce corposa e venata di sfumature contraltili, nel ruolo della protagonista, e Francesca Sassu, una Micaela dalla voce ugualmente interessante.

Al contrario i protagonisti maschili non hanno brillato; Francesco Pio Galasso in Don José ha sostenuto discretamente la parte pur perdendo smalto nel registro acuto. Nel complesso un allestimento dove gli autori non hanno voluto strafare, rimanendo aderenti allo spirito dell’opera nonostante l’ambientazione che rievocava gli anni della guerra civile spagnola. La sobrietà della scenografia e dei costumi ha fatto il giusto onore alla musica e al libretto (pronunciato con buon francese da tutti i cantanti); il gesto ampio e marcato del direttore Guillaume Tourniaire è riuscito a valorizzare l’orchestra Rossini, più raffinata nelle sonorità rispetto alla scorsa stagione.

Foto di Giorgio Pergolini

La bacchetta di José Miguel Pérez-Sierra, invece, ha sostenuto una interpretazione un po’ affrettata del Barbiere, votata sì ad esaltare la brillantezza della partitura ma poco attenta nel fraseggio alle sue raffinatezze melodiche. In compenso i cantanti, tutti molto giovani e formatisi all’Accademia Rossiniana “Alberto Zedda” del Rossini Opera Festival, hanno ben interpretato i rispettivi personaggi, sia vocalmente che nella recitazione.

Sono emersi Pablo Ruiz, perfetto basso buffo in Don Bartolo; Martiniana Antonie, disinvolta e frizzante Rosina; Gurgen Baveyan, spassosissimo Figaro, in tenuta da motociclista con moto e sidecar ricavato da una piccola barca; e Xabier Anduaga in Almaviva, bella e duttile voce tenorile che ha accusato ogni tanto solo un po’ di stanchezza. La regia di Matteo Mazzoni, attenta ad esaltare il carattere di ogni personaggio, e le scenografie di Lucio Diana, semplici, funzionali e dai colori brillanti, hanno contribuito a creare uno spettacolo gradevole sotto tutti gli aspetti.

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