Il linguaggio universale armeno

Jivan Gasparyan e il suo quartetto di duduk al Lingotto

Foto Jacopo Tomatis
Foto Jacopo Tomatis
Recensione
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Fiera del Libro Torino
17 Maggio 2009
Se l'Armenia gli ha pagato una festa di compleanno nazionale da milioni di euro per il traguardo degli 80, qualcosa significa: Jivan Gasparyan è l'unico artista del suo paese ad aver suonato con e per Brian Eno, Peter Gabriel, Brian May; ha composto ed eseguito musiche per duduk solo, in quartetto, con l'orchestra sinfonica, con l'elettronica. Il duduk è il suo strumento, un piccolo aerofono della famiglia degli oboi che può essere soprano, tenore o basso: il suo quartetto, in cui milita il suo omonimo nipote, schiera i diversi duduk; al Lingotto di Torino, per la Fiera del Libro, il pubblico presente nell'arena di Lingua Madre (programmazione a cura del Folkclub) ha avuto un assaggio di un'ora abbondante delle potenzialità di quattro duduk portati al massimo delle loro potenzialità espressive. Non c'è da aspettarsi però un tripudio di melismi o di vorticose scale: la prima cosa che colpisce dell'ensemble è la potenza di fuoco dei quattro oboi, che nei momenti di chiusura di frase è talmente devastante da creare addirittura nell'orecchio la percezione netta dell'armonico all'ottava superiore. Il quartetto è diviso in due bordoni, monasticamente devoti alla respirazione circolare, e due solisti - ruolo che compete ai due Jivan, e ha ragione Jivan senior a definire il nipote "il suo miglior allievo". Non melismi inarrestabili, dicevamo, ma passaggi emozionali e piangenti, in cui i quarti di tono soffiati in chiusura di frase spostano ulteriormente verso Oriente il baricentro di provenienza della sintassi compositiva; e qua e là, quasi a voler stupire l'uditorio, i quattro staccano improvvisi contrappunti ottocenteschi che evolvono talvolta persino in polke o valzer rustici in sei ottavi. I famosi linguaggi universali sono sì comprensibili a tutti, ma parlabili da pochi.

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