Il folk secondo Hitchcock

Al FolkClub di Torino arriva il cantautore inglese per un concerto in solo

Recensione
pop
Folk Club Torino
11 Aprile 2015
Non sarà forse l’Hitchcock più famoso e geniale della storia britannica, ma Robyn, sessantaduenne cantante e chitarrista londinese, è a suo modo una leggenda. Il suo è un modo bislacco, surreale, ricco di ironia di fare canzone, che affonda le proprie radici nei tardi anni Settanta (tra i solchi dei Soft Boys), e che poggia su un cantautorato di derivazione dylaniana-barrettiana ora malinconico ora scanzonato, in cui la nostalgia tipica della canzone d’autore inglese (Ray Davies docet) si fonde con jingle-jangle byrdsiani e melodie accattivanti. Reduce dalla pubblicazione dell’apprezzato [i]The Man Upstairs[/i], l’"Uomo Che Sogna Spesso I Treni" si è presentato al Folk Club di Torino in compagnia soltanto della sua chitarra acustica – suonata con tecnica piuttosto eterodossa – e della bionda fidanzata Emma Swift, che nel corso della serata l’ha raggiunto sul palco in più di un’occasione per una serie di duetti forse un po’ stucchevoli nel loro candore folk, ma tutto sommato simpatici. Tra vecchi “classici” (le virgolette sono d’obbligo per un artista che, amatissimo dalla critica, non ha mai incontrato il favore del grande pubblico) come "Chinese Bones", "Queen Elvis" e "Madonna of the Wasps", un paio di cover ("Motion Pictures" di Neil Young, e "Strawberry Fields Forever" come bis, nientemeno) e qualche assurda battuta in un improbabile italiano, Hitchcock ha saputo divertire e coinvolgere il numeroso pubblico per quasi due ore, nonostante l’intervento di “scarnificazione” operato su brani la cui forza, originariamente, risiedeva anche nella brillantezza degli arrangiamenti. Menzione particolare per gli autografi firmati a fine concerto, non semplici firme ma autentici disegni personalizzati. Ovviamente, nel suo stile folle e un po’ naïf.

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