Frisell e la viola

Il nuovo trio del chitarrista e Cristina Zavalloni a Verona Jazz 2010

Recensione
jazz
Verona Jazz Verona
02 Luglio 2010
A Verona Jazz 2010 Bill Frisell ha presentato il suo nuovo trio, composto da Eyvind Kang alla viola e Rudy Royston alla batteria. Forse un organico del tutto inedito per la storia del jazz. Il chitarrista di Baltimora ha di recente rinnovato il suo prezioso calligrafismo stilistico con “History, Mystery” – un vero capolavoro – e con le squisitezze dell’ 858 Quartet. Il trio di questa stagione mette a punto da un’altra angolazione le medesime spezie sonore: composizioni atmosferiche, che da una vaga indeterminatezza si gonfiano lanciando irresistibili grooves, sequenze vicine al blues che modulano pochi accordi, infine ricordi in stile bluegrass, più evocativi che autentici. La chitarra di Frisell è sempre più essenziale, malgrado non lesini qualche assolo rovente; ciò che interessa è la fusione timbrica con la viola di Kang, lontana dal classicismo e invece specchio di una vocalità strumentale dell’estremo Oriente, e il contrasto che questa combinazione produce al cospetto della batteria del tutto african-american di Rudy Royston. Batterista questo poco noto da noi, ma eccellente. Nel suo curriculum, militanza nei gruppi di JD Allen, Ben Allison, Don Byron. Il repertorio dà spazio a nuovi pezzi, incisi nell’imminente cd che sta per uscire per la Savoy, e a cose più consuete. E se l’ipnosi di “Baba Drame” diventa risaputa, le trame angolari di “Subconscious Lee” (di Lee Konitz) lasciano ancora senza fiato. Finale un po’ nazional-popolare, con rock’n’roll consolatorio. Un gruppo ancora in fieri, che non cambierà molto la poetica di Frisell, ma raffinato e godibile. In prima serata Cristina Zavalloni aveva proposto il suo recente tributo a Charles Aznavour, i cui brani celebri vengono reinventati soprattutto ritmicamente, con costruzioni sofisticate, impeccabili. Cristina si conferma vocalist di straordinario talento, anche quando il progetto sonoro non appare così necessario. La affiancavano i bravissimi Stefano De Bonis al pianoforte, Antonio Borghini al basso elettrico e Cristiano Calcagnile alla batteria.

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

jazz

La rassegna You Must Believe In Spring con Steve Lehman Sélébéyone, Mariasole De Pascali Fera e Tell Kujira

jazz

Si chiude l'ottima edizione 2024 del Torino Jazz Festival

jazz

Usato sicuro e un tocco british per il quarantunesimo Cully Jazz