Effervescente Candide
Meritato successo per l’operetta di Bernstein in scena al Comunale Nouveau

Candide di Leonard Bernstein è un oggetto dalla natura proteiforme: musical, operetta o un omaggio nostalgico all’opera europea da parte del compositore americano? Probabilmente è tutte queste cose insieme e il pubblico bolognese che ha goduto di questo capolavoro filosofico (l’opera è tratta dal romanzo omonimo di Voltaire) e musicale, per la prima volta in scena nel teatro felsineo (la sede è sempre quella provvisoria del Comunale Nouveau), ha potuto ben accorgersene grazie a uno spettacolo (prodotto insieme al Teatro Verdi di Trieste) di notevole interesse.
Non era affatto semplice rendere coinvolgente scenicamente un’opera quasi senza trama, in cui i numerosi personaggi (ben 49, numero che richiede a ogni membro del cast di interpretare più ruoli) affrontano diverse peripezie perlopiù narrativamente slegate tra loro e connesse dallo spirito moraleggiante (mai paternalista, sempre cinico e dissacrante) di un libretto (Hugh Wheeler) vastissimo e, ahinoi, molto ripetitivo.
Il regista e coreografo Renato Zanella vince brillantemente questa sfida, proponendo un allestimento effervescente e sempre cangiante, che ben restituisce l’aspetto proteiforme dell’opera. La scena (in generale di ordine minimalista, a cura di Mauro Tinti) incornicia tutti gli episodi della storia nelle aule dell’università di Westfalia, con tre grandi lavagne scorrevoli sul fondo che rivelano di volta in volta una nuova location (il libretto passa con disinvoltura e nell’arco di poche pagine dalla Germania a Lisbona, da Parigi a Buenos Aires, dall’El Dorado fino a Venezia). In proscenio, un tripudio di maschere e travestimenti (ottimi i variopinti costumi di Danilo Coppola) e il sapiente utilizzo delle luci (Paolo Liaci) permettono al pubblico di seguire agevolmente e con divertimento l’intricata vicenda. Tuttavia, la vera conquista della regia di Zanella è la straordinaria attenzione alla musicalità e al ritmo: ogni cambio di luci e di scenografia e ogni gesto scenico degli attori, dei cantanti e dei ballerini (impegnati in coreografie mai banali) è sempre scandito da ciò che accade in orchestra e, considerando la frizzantezza generale della partitura di Bernstein, è impossibile non rimanere “percettivamente” in estasi.
Sul fronte musicale, il primo cast è guidato dal tenore Marco Miglietta, che interpreta il ruolo del titolo con un’adeguata remissività e una sufficiente accuratezza vocale. Accanto a lui, il soprano Tetiana Zhuravel (Cunegonde), dall’ottima presenza scenica e che risolve il ruolo vocalmente più impervio dell’opera (caratterizzato da un’estensione davvero ampia) esibendo un buon registro centrale (solo talvolta ostacolato da un’emissione un po’ incerta nel volume) e una corretta intonazione in quello alto (meritati gli applausi al termine degli acuti svettanti e della lunghissima nota finale di Glitter and be gay). Il vero campione della serata è certamente il baritono Bruno Taddia (Voltaire/Dott. Pangloss/Martin/Cacambo), istrionico mattatore che modula agevolmente l’accentazione di ogni parola (in ruolo più recitato che cantato) a seconda del personaggio. Straordinario performer a tutto tondo che, in virtù di una prova maiuscola, tiene insieme tutte le parti dello spettacolo. L’esperta Madelyn Renée (The Old Lady/The Baroness) è padrona del palcoscenico, grazie al giusto piglio recitativo e alla voce adeguatamente senescente. David Astorga (The Governor/Vanderdendur/Ragotski/Baron Thunder-ten-Tronck/Grand Inquisitor) convince con la sua voce piena, intonata e ben impostata, Aloisa Aisemberg (Paquette/Lisbon woman) si apprezza per la generale professionalità, mentre Felix Kemp (Maximillian/The Captain/Tsar Ivan) si fa notare per il corretto controllo vocale e il riuscito tono comico e divertito con cui si muove sulla scena. Altrettanto meritevoli di elogi tutti gli altri membri del cast: Saverio Pugliese, Yuri Guerra, Giulio Ermini, Xin Zhang, Zibin Zhang.
In buca il bravissimo direttore Kevin Rhodes, abile concertatore capace di bilanciare l’orchestra con il palco e di restituire lo splendido fraseggio tra archi e fiati (collocati da Bernstein eccezionalmente alla destra del podio, al posto delle usuali viole), come dimostra con la travolgente esecuzione della celebre overture. Occorre, poi, rivolgere un doveroso plauso all’Orchestra del Comunale, che padroneggia con carattere ed esperienza sonorità musical a cui non è abituata, senza mai snaturare il suono dolce e morbido che la contraddistingue. Infine, si segnala la prova positiva del coro preparato ottimamente da Gea Garatti Ansini, che lo fa brillare nell’appassionata sezione a cappella nel finale dell’opera.
In generale uno spettacolo entusiasmante, la vera sorpresa della stagione felsinea. Un successo ampiamente riconosciuto dalle numerose ovazioni del pubblico dell’ultima recita.
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