Davanti alla Crocifissione, la scrittura drammatica di Bernardo Pasquini.

Al Teatro Argentina il raro lavoro di uno dei principali protagonisti del barocco romano

La Sete di Christo
Foto di Max Pucciariello
Recensione
classica
Teatro Argentina, Roma
La Sete di Christo
25 Gennaio 2018

Imperniato tutto sul dramma umano legato all’evento della Crocifissione, l’oratorio La Sete di Christo di Bernardo Pasquini ha aperto la serie dei concerti che l’Accademia Filarmonica Romana propone, per il settimo anno consecutivo, al Teatro Argentina, grazie a una collaborazione col Teatro di Roma che consente di valorizzare ulteriormente questo luogo per secoli deputato proprio alla musica. Malgrado un’acustica non particolarmente favorevole e comunque abbastanza diversa da quella delle sedi – sacre e nobiliari – in cui questo repertorio veniva eseguito all’epoca, cantanti e strumentisti del Concerto Romano diretto da Alessandro Quarta hanno offerto una più che pregevole esecuzione del lavoro di Pasquini, accolta con favore dal pubblico presente nel teatro.

Un interessante esempio della scrittura vocale di questo autore generalmente ricordato per la sua produzione tastieristica, anche se non va dimenticato che in realtà all’organo e al clavicembalo viene oggi eseguita una parte piuttosto ridotta di quanto egli ha composto. La figura di Pasquini, toscano di nascita, si legò indissolubilmente alla città di Roma già dagli anni Sessanta del XVII secolo, inizialmente a seguito degli incarichi di organista nelle Basiliche di S. Maria Maggiore e S. Maria in Aracoeli, poi grazie alla sua presenza come virtuoso al clavicembalo (molto richiesta) nei palazzi della nobiltà romana – dove spicca fra tutti il nome del principe Giambattista Borghese –  e infine proprio per via dell’attività come compositore di opere e di oratori, non pochi dei quali andati perduti.

Ne La Sete di Christo diversi spunti di una scrittura vocale che poi sarà di riferimento non solo per Alessandro Scarlatti e Alessandro Stradella ma anche per il giovane Händel. Di grande bravura tutti cantanti, impegnati a fondo nel restituire gli stati d’animo che i quattro personaggi portano sulla scena avendo davanti i loro occhi il sacrificio di Cristo: di grande espressività Francesca Aspromonte, protagonista della commovente conclusione dell’oratorio incentrato sul pianto della Vergine Maria,  e Mauro Borgioni, dotato di una elegante vocalità baritonale particolarmente adatta al personaggio di Nicodemo, ma non minore apprezzamento va rivolto ai due tenori, Francisco Fernández-Rueda e Luca Cervoni. Al centro del palcoscenico, ancora una volta, la direzione precisa ed efficace di Alessandro Quarta, al quale va sicuramente il merito di diffondere il repertorio vocale, ancora in gran parte da riscoprire, del barocco romano.

Francesca Aspromonte (soprano) - La Vergine
Francisco Fernández-Rueda (tenore) - San Giovanni
Luca Cervoni (tenore) - Giuseppe D’Arimatea
Mauro Borgioni (baritono)- Nicodemo

Concerto Romano

Paolo Perrone, Gabriele Politi violini
Pietro Meldolesi viola
Marco Ceccato violoncello
Matteo Coticoni contrabbasso
Giovanni Battista Graziadio fagotto
Francesco Tomasi liuto
Stefano Demicheli clavicembalo
Andrea Buccarella organo

Alessandro Quarta, direttore

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