Barionda, l’apoteosi del sax baritono

Al Dolomiti Ski Jazz emerge la nuova e anomala formazione di Helga Plankensteiner, che comprende quattro notevoli baritonisti

Barionda, Dolomiti Ski Jazz
Foto di Virginia e Nicola Malaguti
Recensione
jazz
Dolomiti Ski Jazz, Castello di Fiemme
Barionda
13 Marzo 2018

La prima metà del Dolomiti Ski Jazz, che negli appuntamenti di mezzogiorno sulla neve non è stata favorita da condizioni metereologiche esaltanti, ha registrato il momento culminante nel concerto serale del quintetto Barionda. Esattamente un anno fa, Helga Plankensteiner mi aveva parlato di questo progetto ai suoi esordi. L’idea era quella di rivalutare il repertorio e l’espressività di uno strumento particolare come il sax baritono, schierando una front line di quattro notevoli sassofonisti: Florian Bramböck residente a Innsbruck ed ex membro della Vienna Art Orchestra, l’argentino e romano d’adozione Javier Girotto, il trentino Giorgio Beberi, oltre alla stessa Plankensteiner, organizzatrice fra l’altro del festival jazz di Lana. Oggi la formazione, che negli ultimi mesi ha visto Mauro Beggio subentrare al posto del precedente batterista, si presenta già affiatata, avendo alle spalle una decina di concerti.

Nell’apparizione trentina, all’interno di griglie solide e sanguigne ma frastagliate, le voci dei quattro fiati si sono intrecciate e stratificate in collettivi vibranti. Si sono stagliati via via anche gli spazi solistici dei singoli, ognuno con le proprie inflessioni, con una cura personale del sound e del fraseggio, previlegiando l’aspetto leggiadro o corposo, lirico o costruttivo, evocativo o perentorio dello strumento. Al centro della scena, con Girotto e Bramböck da un lato, Beberi e la Plankensteiner dall’altro, la batteria di Beggio ha fornito la struttura ritmica portante, somministrato metriche variate con precisione puntigliosa e proprietà di accenti.

In definitiva, nelle interpretazioni che si sono susseguite non sarebbe opportuno scindere i temi e i loro autori dagli arrangiamenti di volta in volta studiati per l’anomala formazione. Ecco quindi che il concerto si è aperto e chiuso con due brani mingusiani: il poderoso "Moanin’" e "Hora Decubitus" arrangiati dalla sassofonista. Incorniciati da questi capisaldi imprescindibili si sono alternati standard e original: "Bernie’s Tune", reso famoso da Gerry Mulligan, nell’arrangiamento di Fiorenzo Zeni, una suggestiva "Sarabanda" da Haendel nella versione di Girotto, "Mazel Tov" della tradizione klezmer, che rivisitato dalla Plankensteiner ha virato verso congestioni free, per poi includere di nuovo una citazione di "Moanin’"… Da segnalare ancora "Burkina Faso" e l’emblematico "Barionda", composti  e arrangiati da Bramböck, e "Pa-ritango" scritto e adattato da Girotto, il cui tema, introdotto al soprano, è stato riproposto a canone dai tre colleghi baritonisti.

 

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

jazz

Bel successo di pubblico per la prima edizione dello storico festival diretta da Joe Lovano

jazz

Applausi al teatro Bonci di Cesena per il debutto della suite Psycho-Chambers (Prisms #1 #2 #3) della Exploding Star Orchestra

jazz

Rob Mazurek, Fabrizio Puglisi e l'Orchestra Creativa del Conservatorio Frescobaldi di Ferrara in concerto a Bologna