Firenze per Giani-Luporini
Un concerto del Maggio

Avevamo anticipato l’evento che andiamo a recensire in un’intervista ai promotori dell’iniziativa -benemerita- ospitata dal Maggio Fiorentino.
Diciamo subito che il concerto è stato un successo di pubblico, Sala Orchestra esaurita, e a buona ragione. Nel catalogo di opere di Gaetano Giani-Luporini, che recentemente ci ha lasciato, si trovano gemme musicali che valgono una loro riscoperta e rimeditazione. La scelta di Francesco Gesualdi, con la collaborazione di Giovanna Morelli del Centro Studi intitolato al compositore lucchese, ha voluto ripercorrere alcune prove strumentali per ampio organico e altre per strumento solo, fornendo un’immagine vivida e interessantissima del lavoro di questo musicista, a lungo attivo anche a Firenze come didatta al Conservatorio Cherubini.
Il suo percorso inizia nei primi anni 60, con prove scolastiche benché già innervate da intensa energia e vena espressiva. Due i brani più giovanili del programma: Genesi, per flauto solo, dedicato a Roberto Fabbriciani e dallo stesso magistralmente eseguito, dove non è il riferimento biblico a dare senso al brano ma l’idea di frammento generativo, genetico, a definire un pensiero compositivo già strutturalmente molto impegnato e Tessiture, per clavicembalo e 11 archi; Giani Luporini sta sviluppando le proprie idee compositive attraverso procedimenti di micro-contrappunto e trame timbriche in serrati monologhi fra gli strumenti, figure che pian piano vanno a fondersi e su cui la corda pizzicata del clavicembalo funge da elemento articolativo e strutturalmente dinamico.
Luporini ne parlava in un programma di sala come un brano di ‘campiture sonore con filamenti timbrici’: la forma non ha ancora una matura solidità, prevale la ricerca e il gusto del dialogo fra gli strumenti, con esiti di fascino, a tratti. Il brano del 1984-87 Concerto de Le divine battaglie per 11 archi arriva dopo il battesimo del compositore con il teatro di Carmelo Bene (del 1980 il Majakovskij fu il primo lavoro in collaborazione, il più noto Pinocchio dell’81) che darà una svolta espressiva di grande intensità alle sue creazioni. Qui battaglia non allude al genere descrittivo ben frequentato fin dall’antichità, ma a un più lato senso di energia sprigionata da una lotta di contrasti, nella ricerca di armonia anche attraverso la contrapposizione di elementi giustapposti. L’inizio in tremolo dei violini, perdurante, a saturare la fascia dei sovracuti ci trasporta in un mondo post-seriale, timbricamente ligetiano, ma vede momenti di cesura drammatica nella rocciosa cadenza del contrabbasso, e in altre ricercate soluzioni timbriche (pizzicato dei violoncelli, uso dell’arco battente) a punteggiare il dramma narrativo ben espresso dai titoli: Dell’armonia primordiale, Dei primi litigi angelici, Dell’intervento del Padre Eterno… fino al Compromesso divino. Completavano l’impaginato Tetraktis del 1995 per violino, pianoforte e 14 archi, lavoro che rimanda al triangolo pitagorico e alla somma dei primi 4 numeri interi. La materia, la quaternità del mondo (terra, acqua, aria, fuoco); secondo i pitagorici la tetraktys rappresenta l'armonia dell’universo, l’unità tra il finito e l’infinito, e anche la struttura del cosmo musicale. Siamo nell’ambito di una scrittura di astrazione filosofica, perché Giani-Luporini frequentò le lezioni di Roberto Lupi, maestro di tanti compositori fiorentini e seguace del pensiero antroposofico di Rudolf Steiner. Ma il piano astratto non rimane una dichiarazione d’intenti, trovando sicura traduzione musicale da parte di un maestro ormai padrone della propria scrittura e in grado di produrre esiti musicali originali e profondi. Anche i Nove Mantram per pianoforte, dell’anno 2000, sono permeati da un atteggiamento spirituale di ispirazione contemplativa, forse il brano che più rende omaggio al maestro Roberto Lupi, nel porre l’accento sul ‘Suono’ non inteso come altezza o intervallo, ma come entità psico-fisica, una meditazione sulla tensione generativa fra i suoni, seguendo uno dei postulati più cari a Lupi, dove l’importanza del lavoro musicale è quello che il suono fa germogliare dentro l’essere umano, ascoltando, assorbendo l’energia sottile che prorompe dai fenomeni acustici. Lo avevamo già ascoltato dalle mani di Ilaria Baldaccini, che ne ha fatto ormai da tempo un brano fra i più frequentati del suo repertorio, e ogni volta lo restituisce con bella intensità.
E tutti gli interpreti dell’orchestra Gamo andrebbero menzionati, oltre ai già nominati, lo spazio tiranno non ci impedisce però di ringraziare Alberto Bologni al violino, il violoncello di Lucio Labella Danzi e il contrabbasso di Giacomo Piermatti. Francesco Gesualdi ha diretto con mano sicura ed emotivamente partecipe, successo cordiale.
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