La scomparsa di Claudio Scimone

Muore a 83 anni il fondatore dei Solisti Veneti e artefice del recupero della musica veneziana del XVIII secolo

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Claudio Scimone

Claudio Scimone è mancato nella notte a Padova, la città dove era nato 83 anni fa, per complicazioni respiratorie insorte dopo l’incidente della scorsa estate che gli aveva provocato la frattura di alcune costole.

Il nome di Claudio Scimone è legato ai celebri Solisti Veneti, il complesso musicale da lui fondato nel 1959 e che ha continuato a dirigere fino alla fine, ma fu anche direttore di importanti orchestre internazionali oltre a ricoprire l’incarico fra il 1979 e il 1986 di direttore musicale dell’Orchestra della lisbonese Fondazione Gulbenkian e quindi di direttore onorario.

Negli anni Ottanta del secolo scorso, la cosiddetta Rossini renaissance lo vide fra i suoi protagonisti grazie alla direzione di lavori da lungo tempo usciti dal repertorio come Maometto II, Mosè in Egitto, Zelmira e l’Edipo a Colono e collaboratore della Fondazione Rossini per l’edizione critica dell’opera omnia del Pesarese. Molto impegnato anche nella didattica della musica, per ben 27 anni Scimone fu direttore del Conservatorio “Cesare Pollini” di Padova e insegnante di esercitazione orchestrale al Conservatorio “Benedetto Marcello” di Venezia.

Il nome di Claudio Scimone e la sua attività di ricercatore restano tuttavia legati al recupero, in anticipo sulla grande riscoperta della musica barocca nei paesi del nord Europa, di moltissime partiture di compositori di area veneta del XVIII secolo come Benedetto Marcello, Tommaso Albinoni, Giuseppe Tartini, Baldassarre Galuppi e ovviamente Antonio Vivaldi, di cui, oltre ai concerti curò il recupero in tempi moderni dell’Orlando furioso in uno storico allestimento al Teatro Filarmonico di Verona nel 1978 curato da Pier Luigi Pizzi con Marilyn Horne, Lucia Valentini-Terrani, Sesto Bruscantini e Victoria de los Ángeles fra i protagonisti.

Molto legato al suono dell’orchestra tradizionale, Scimone rimase impermeabile alle crescenti fortune delle esecuzioni con strumenti originali, verso i quali si espresse sovente in maniera critica: «Il culto degli strumenti antichi è importante ma va preso con giudizio critico. Sembra che la musica non sia più valutabile se non eseguita con lo strumento tagliato, piallato, montato come nel periodo antico. Ma allora gli strumenti antichi andrebbero ascoltati nelle loro sale antiche, perché la percezione nelle moderne sale da concerto risulta completamente distorta in confronto a quella», dichiarò in un’intervista a Lorenzo Arruga. «Bisogna dunque mirare a essere rigorosi ma sapendo che è una ricerca, un obiettivo, un cammino da indicare e da compiere criticamente, non un'oggettività maniacale. Altrimenti, dopo aver costruito esattamente stili e strumenti antichi, bisognerebbe anche applicare a ogni spettatore un orecchio antico».
 

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