Quella volta in cui Armstrong e Brubeck suonarono insieme

La (strana) storia della musica concepita per il musical del 1961 The Real Ambassadors, unica collaborazione tra i due musicisti

Armstrong - Brubeck, The Real Ambassadors
Disco
jazz
Louis Armstrong / David Brubeck
The Real Ambassadors
Jazz Images
2018

Può sembrare insolito, in un mondo che ha sempre fatto della collaborazione – anche la più improbabile – un momento centrale della propria pratica artistica e promozionale, che due giganti come Louis Armstrong e Dave Brubeck si siano incontrati musicalmente solamente una volta.

Accade nel 1961, nell’ambito di un ambizioso progetto in cui Brubeck e l’inseparabile moglie Iola si erano imbarcati, anche a seguito dei viaggi compiuti in giro per il mondo come “emissari culturali” del Dipartimento di Stato. L’idea diventa così quella di scrivere un musical legato al tema dei diritti civili, del ruolo politico e culturale degli Stati Uniti in quei primi anni di Guerra Fredda (non va scordato che il programma stesso degli “ambasciatori jazz” del Dipartimento di Stato, che oltre a Brubeck aveva coinvolto anche altri musicisti come Dizzy Gillespie, lo stesso Armstrong o Duke Ellington, aveva l’obbiettivo di dare un segnale culturale e diplomatico filo-americano a nazioni le cui simpatie est/ovest non erano ancora state esplicitate).

Registrato nel 1961 sotto lo sguardo produttivo di Teo Macero, il disco del musical The Real Ambassadors (recentemente ristampato in cd per la serie Jazz Images/Egea, con una bella foto di Armstrong scattata da Jean-Pierre Leloir al posto dell’originale copertina a stelle e strisce) vede impegnata una vera e propria squadra di all-stars, con tre quarti del quartetto di Brubeck – manca il sax di Paul Desmond – accanto a Louis Armstrong con alcuni fedelissimi come Trummy Young e alla voci di Carmen McRae e del trio Lambert, Hendricks & Ross.

Il musical in sé non trovò molta fortuna produttiva, venendo allestito in una versione leggera solo per il Festival di Monterey del 1962 (di cui manca la testimonianza audiovideo, peccato perché si narra che i cantanti si misero dei cappucci in testa) e poi ripreso solo recentemente per Jazz at Lincoln Center. Ma il disco rimane, con tutti i suoi pregi e gli inevitabili difetti da invecchiamento.

Concepito con un intento più leggero e satirico di quanto in realtà non sia poi emerso, il musical (cui è dedicato anche un sito, cui si perdona di essere un po’ rudimentale…) riserva intense interpretazioni vocali sia di Armstrong – che oscilla tra le intenzioni umoristiche dell’impianto e la reale partecipazione emotiva e culturale ai temi cantanti – che della McRae.

La ristampa è un occasione per riscoprire questa pagina originale del jazz degli anni d’oro!

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

jazz

Il Made In Japan di Paal Nilssen-Love e Ken Vandermark

Diario di un tour nel Sol Levante, Japan 2019 ribadisce l’intransigente ricerca del duo norvegese-statunitense

Piercarlo Poggio
jazz

Il flauto magico di Shabaka

Nel nuovo album Shabaka Hutchings abbandona il sassofono per dedicarsi allo shakuhachi

Alberto Campo
jazz

Moor Mother, il prezzo della schiavitù

The Great Bailout, nuovo lavoro della statunitense Camae Ayewa, illumina un risvolto del colonialismo britannico 

Alberto Campo