Il bajan antico e moderno di Samuele Telari

Disco d’esordio del giovane Samuele Telari, ben articolato tra le trascrizioni di Bach e Schubert e i più avvincenti brani di Gubaidulina e Runchak

Samuele Telari
Disco
classica
Samuele Telari
Limes
VDM Records
2017

Dopo aver ottenuto, lo scorso autunno, importanti riconoscimenti – quali il primo premio come solista al XXI Concorso Internazionale di musica da camera “Luigi Nono” e del 37° Concorso di Interpretazione Musicale “Valentino Bucchi” – Samuele Telari si presenta con un cd nel quale brani del passato e musica di oggi vengono liberamente accostati, tenuti simbolicamente insieme da quello stesso grande abbraccio con cui giovane interprete avvolge il suo affascinante strumento, il bajan.

Tra giochi timbrici di grande effetto e accesi contrasti espressivi scorrono sotto le abili dita dell’esecutore capolavori di Johann Sebastian Bach, Franz Schubert e Camille Saint-Saëns, ma anche interessanti pagine del XX e XXI secolo. Che probabilmente sono le più accattivanti da ascoltare, perché scritte appositamente per il bajan e dunque in grado di valorizzarne al meglio tutte le potenzialità.

Da questo punto di vista il De Profundis, scritto da Sofja Gubajdulina nel 1978, e la Messa da Requiem, composta quattro anni dopo dall’ucraino Volodymyr Runchak, fanno arrivare all’ascoltatore tutta la carica mistica che questo strumento riesce a sprigionare. In particolare il grido con cui si apre il Salmo 130, nel lavoro della Gubajdulina, sembra provenire realmente dagli abissi e progressivamente innalzarsi verso la volta celeste, sfruttando la densità del registro più grave e spostandosi poi in una regione più acuta per affidare ad alcuni frammenti melodici una sorta di corale carico di speranza. Telari lo propone con la massima semplicità, padroneggiando al tempo stesso quel virtuosismo – glissandi, sospiri, eccetera – che conferisce all’intero brano una forte tensione espressiva.

Molto ricca anche la gamma di effetti ai quali ricorre Runchak, in una composizione che si presenta come un’articolata e suggestiva meditazione sul senso ultimo della vita, affidata a un linguaggio musicale che, pur debitore dalla tradizione musicale dell’Europa orientale, sembra anche aperto agli influssi del misticismo di Olivier Messiaen.

Il nome di Domenico Turi (classe 1986) appare nella doppia veste di compositore – nel 2013 ha scritto Ombra, omaggio a Lonenzo Indrimi, per ricordare il pittore romano e la sua forte vicinanza all’arte musicale – e di trascrittore. Sua è infatti la versione per dell’Andante con moto tratto dal Quartetto D 810 (La morte e la fanciulla) di Franz Schubert, probabilmente il più interessante risultato di adattamento strumentale alle caratteristiche del bajan, nel quale tra l’altro Telari dimostra una ragguardevole abilità nella gestione del mantice.

Di sicuro molto grande è anche l’impegno esecutivo che egli affronta nel proporre, in apertura del cd, il Preludio e fuga in si minore BWV 544 di Johann Sebastian Bach. E tuttavia, pur potendosi tirare in gioco la lontana parentela del bajan con l’organo portativo, inevitabilmente scatta il confronto col grande strumento adoperato da Bach. Soltanto avendo alle spalle quell’esperienza d’ascolto – che viceversa nel nostro paese sta purtroppo diventando sempre più rara – la trascrizione realizzata dallo stesso Telari può lasciare il proprio segno e senso interpretativo.

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