Cigarettes After Sex, fra tabacco e Venere

Le canzoni sensuali del gruppo statunitense, fra Badalamenti e gli xx
 

Cigarettes After Sex
Disco
pop
Cigarettes After Sex
Cigarettes After Sex
Partisan
2017

Già il nome descrive l’atmosfera: rilassatezza post-coitale al gusto di tabacco. E le musiche si accordano su quel registro: languide, quasi sfibrate, venate di malinconia e ovviamente sensuali. Dieci canzoni destinate con ogni probabilità a fare la fortuna del quartetto creato dal texano naturalizzato newyorkese Greg Gonzalez: uno che cita fra le proprie fonti d’ispirazione Françoise Hardy e Leonard Cohen, insieme al Davis di Kind of Blue. E in più ci mette un tocco cinematografico, dovuto a un precedente lavorativo in una sala d’essai di Manhattan, il Beekman Theatre, dove programmava i suoi film preferiti, da L’avventura di Antonioni a La doppia vita di Veronica di Kieslowski, benché all’ascolto – per associazione d’idee – venga in mente soprattutto l’accoppiata Lynch/Badalamenti: la seducente “Each Time You Fall in Love” sembra uscita dalla colonna sonora di Blue Velvet, così come l’eloquente “John Wayne”, del resto.

Dal principio, scandito dal ritmo indolente di “K.”, alla fine, sulle note di “Young & Dumb”, intonata fra spire di vapori narcotici, il primo album delle “sigarette” tesse l’apologia di un romanticismo voluttuoso, piuttosto esplicito nei testi – “Allora apri il vestito e mostrami le tette”, in “Sunsetz”, oppure “So benissimo che sei la santa patrona dei pompini”, nel citato brano di chiusura – e però sempre garbato nella forma, verosimilmente in virtù del timbro fragile della voce androgina di Gonzalez. Esemplare dell’equilibrio tra i vari fattori costitutivi è “Apocalypse”, dotata di un “gancio” pop sottile ma affilatissimo.

Divenuta tempo fa un caso da milioni di visualizzazioni su YouTube, la band statunitense si appresta a capitalizzare il culto cresciutole intorno per mezzo di questo disco, che non propone nulla di nuovo – siamo in una zona intermedia fra lo spleen da cameretta stile The xx, la sognante catalessi dei Beach House e il vellutato slowcore degli Spain – svolgendo tuttavia il compito con ammirevole meticolosità e ottenendo in cambio un prodotto pressoché perfetto.

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