Anversa atto II

Concluso il Festival Laus Polyphoniae di Anversa

Recensione
classica
La settimana scorsa era iniziata con una giornata che si potrebbe definire il trionfo del Codice di Las Huelgas. Forse è una coincidenza, ma in tutti e due concerti serali erano state eseguite le musiche del manoscritto redatto per il coro della monache del convento reale nel quale si svolgevano importanti cerimonie della corte castigliana. L'aspettativa era già stata creata da David Catalunya, direttore dell'ensemble Canto Coronato, che in una conferenza pomeridiana aveva rivelato le tappe della affascinante avventura della sua ricostruzione di due brani incompleti presenti nel celebre codice. Quello che si credeva fosse il frammento di un esercizio didattico di solmisazione (oggi diremmo solfeggio) a due voci in realtà si è rivelata una composizione a tre voci provvista di versi poetici e della quale è stato possibile identificare il nome dell'autore, Leodiensi Johanne, ossia Giovanni di Liegi. Nella ricostruzione narrata da David Catalunya sembrava di vedere i tasselli dispersi di un puzzle prendere una forma compiuta. Con l'aiuto della fortuna e di alcuni amici setacciatori di biblioteche e grazie ai frammenti contenuti in un manoscritto custodito in Francia, Troyes 1979, ed uno in Germania, Karlsruhe 82, il brano musicale ha assunto le sue ben più ampie proporzioni originarie. La dimensione allegorica del suo testo appare di capitale importanza, poiché in sostanza è un incoraggiamento rivolto alle monache di Cahors, la città francese legata a Burgos dal Cammino di Santiago, ad eseguire canti di lode polifonici all'interno del contesto di una malcelata ostilità verso questa prassi da parte delle autorità della Chiesa. Catalunya ha infatti ricordato che l'autore della bolla di condanna degli eccessi della polifonia nel canto liturgico, Giovanni XXII, era stato educato a Cahors, la sua città natale, e questo conferisce alla composizione un notevole valore simbolico. Il pubblico ha applaudito a lungo il concerto di Canto Coronato, e alla luce di queste ricerche e di questa narrazione Fa fa mi fa / Ut re mi ut è risuonato nel programma come uno dei suoi momenti culminanti.

Ben altra dimensione, ma sempre dettata da composizioni contenute nel codice iberico, quella del secondo concerto serale nel quale le voci del Tiburtina Ensemble sono state affiancate dal Trio di David Dorůžka, e al posto degli strumenti storici sul palco erano presenti chitarre, sax e batteria. Il tema che legava canti liturgici, mottetti e conductus, era ispirato dai versetti del Libro della Rivelazione o della Apocalisse di Giovanni, e le interazioni tra la dimensione eterea della musica medievale e quella graffiante della cultura jazzistica, difficilmente descrivibili a parole, sono risultate interessanti e stimolanti. A Machaut, spesso presente nei programmi dei concerti, è stato interamente dedicato il programma di Le Miroir de Musique, diretto da Baptiste Romain, che ha messo in risalto il significato allegorico e metaforico della morte nel suo sofisticato mondo poetico musicale, sia attraverso i motteti che i virelais e le ballades. Quasi specularmente il giorno seguente l'Ensemble Leones, diretto da Marc Lewon, ha proseguito il discorso con l'aggiunta di qualche altro autore, suddividendo i brani musicali secondo le cinque fasi della elaborazione del lutto classificate dalla psichiatra Elisabeth Kübler-Ross (negazione, rabbia, patteggiamento, depressione, accettazione), quasi prefigurate in un testo tedesco del XIV secolo sulla perdita prematura della persona amata. In tale contesto è risultato particolarmente toccante il momento della intonazione della elegia per la scomparsa di Machaut di François Andrieu, Armes, amours / O Flour des fluoro.

Per il secondo concerto dello Huelgas Ensemble eseguito nella chiesa di San Paolo, Paul van Nevel aveva scelto un repertorio originale ed eccentrico costituito da motteti, gymel, cantilene e sequenze contenute in alcuni codici inglesi. Non è la prima volta che presentava composizioni di anonimi lasciandosi guidare esclusivamente dalla musica e riuscendo a mettere insieme l'organico più idoneo, fatto di voci ricche di personalità capaci di fondersi magnificamente. Seguendo l'idea dell'incontro tra musica francese e inglese all'epoca dello scontro della Guerra dei Cent'anni, ha collocato al centro della sequenza di incalzanti e altalenanti eufonie piene di impulsi ritmici una vertiginosa pausa di arresto con la splendida ballade del Codice Chantilly, En Albion de fluns environen, e fra tutti i suoi concerti per Laus Polyphoniae di questi ultimi anni è stato forse uno dei più belli. Nella Chiesa di San Paolo hanno brillato anche i mottetti celebrativi dei dogi veneziani, presentati da laReverdie che quest'anno festeggerà i suoi trenta anni di attività, e a giudicare dalla quantità di applausi finali si è trattato di uno dei concerti più graditi dal pubblico che segue in silenzio fino alla fine e sempre con molta attenzione le numerose proposte del Festival. Ma prima del concerto con un annuncio è stato espresso il dolore per le vittime del terremoto in Italia, invitando tutti a partecipare ad iniziative di solidarietà. Successivamente nella stessa serata i giovani musicisti del Sollazzo Ensemble, si sono distinti per la qualità e l'intensità della loro performance, e con la loro personale interpretazione e la particolare stilizzazione di un repertorio prevalentemente arsnovistico hanno testimoniato la sensibilità di una nuova generazione di interpreti della musica antica, padroneggiando a memoria l'intero programma presentato nella chiesa sconsacrata di Sant'Agostino, l'auditorium di AMUZ.

Il concerto di Club Mediéval, diretto da Thomas Baeté, ha messo a confronto due importanti fonti della musica del Trecento, quella italiana del Codice Reina e quella fiamminga del manoscritto Gruuthuse compilato a Bruges, comprendente poemi e preghiere oltre che canzoni. Interamente dedicato alla Ars Nova e molto apprezzato il ricco excursus di La Fonte Musica, diretto da Michele Pasotti, che ha voluto esorcizzare il tema della Morte Nera con ballate, madrigali e cacce che nella esaltazione della sensualità e del desiderio rappresentano piuttosto un inno alla vita. Anche con un solo piccolo organo portativo, è possibile esplorare il mondo della musica trecentesca, ed è sorprendente percepire così tante sfumature melodiche e articolazioni ritmiche grazie al talento di Guillermo Pérez, che oltre al suo concerto solistico ha presentato insieme al clavisimbalum di David Catalunya, con il duo Tasto Solo, un programma dedicato al Codice di Faenza, che è una delle più importanti fonti di musica strumentale medievale. La carriera di questi due musicisti spagnoli è iniziata proprio ad Anversa, dieci anni fa, quando sorpresero e impressionarono i giurati della IYAP (vedi Anversa Atto I ) che all'epoca aveva ancora un carattere competitivo. Se si dovesse scegliere solo un singolo concerto per spiegare cosa è Laus Polyphoniae, si dovrebbe descrivere l'atmosfera di silenzio e concentrazione che ha caratterizzato l'esecuzione della Messa di Tournai del Trio Mediaeval nel coro della Chiesa di San Paolo. Pur non trattandosi propriamente di una Historically informed performance, con la loro grazia, eleganza e precisione le tre cantanti scandinave sono riuscite a trasmettere la quintessenza di una cultura musicale lontana nel tempo, traducendola secondo una sensibilità moderna. E la conclusione del Festival sembrava tutta rivolta alla vita oltreterrena, con il programma dedicato a due messe della corte papale di Avignone di Diabolus in Musica, alcuni movimenti delle Messe di Apt e Toulouse presentate dall'Ensemble Organum e la Missa de Nostre Dame di Machaut affidata a graindelavoix come concerto finale; negli ultimi due casi arricchite da intonazioni di monodie gregoriane, presenti anche nei precedenti concerti di Cappella Mariana e Psallentes. A Machaut dunque l'ultima parola, perché "vo nom sera precieuse relique", come giustamente è detto nel lamento per la sua morte.

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