Lo spirito di Urbino

La musica antica "conquista" la città

Recensione
classica
Nel primo giorno di Urbino Musica Antica fa piacere vedere bambini e ragazzi giovanissimi iscritti ai corsi salire le scale del Liceo Laurana, e avviarsi ciascuno nell'aula del proprio maestro. Magari fra loro c'è qualcuno che da grande insegnerà in questi corsi, così come una buona parte dei loro docenti che si sono avvicinati alla musica antica grazie a questa manifestazione che esiste da quarantotto anni. Nella stessa scuola e nello stesso momento Diego Fratelli sta iniziando a parlare di Guido d'Arezzo e della solmisazione ad un gruppo di studenti maggiorenni e adulti. Questo argomento apparentemente astratto e lontano nel tempo diviene improvvisamente vivo e tangibile. «Siamo a Urbino nel 1500» ripete più volte, ma in realtà sta parlando del presente e trasmettendo un modo di pensare diverso dell'intonazione. Viene meno l'idea di una certa pedanteria filologica ed emerge la consapevolezza della utilità di questo sistema che non solo era usato anche da Bach "Fa Mi et Mi Fa esta tota Musica", ma che è arrivato persino in Cina grazie al gesuita Teodorico Pedrini, il missionario marchigiano attivo nella prima metà del Settecento, che divenne maestro di musica dei figli dell'Imperatore Kangxi, e che in uno dei primi trattati sulla musica occidentale pubblicato in cinese ne illustrò i principî.

La sera precedente nel concerto inaugurale Lia Serafini, con l'arpista Maria Cleary, aveva raccontato l'amore espresso dalle "nuove musiche" del Seicento. Nei momenti di massima intensità espressiva, raggiunti nel Pianto d'Erinna di Fontei e nel Lamento di Jole di Rigatti, e nei cromatismi della Toccata settima di Rossi, tanta era l'immediatezza degli affetti del pathos barocco che a tratti ci si dimenticava di stare ascoltando la musica di quattro secoli fa, come se d'incanto fosse scomparsa la linea di confine tra generi musicali, e "recitar cantando" basso ostinato e basso continuo prefigurassero la libertà creativa del jazz. Uno dei punti di forza di UMA è la quantità di corsi dedicati agli strumenti musicali storici, che poi diventano protagonisti dei concerti serali, come ad esempio il violino. L'essenzialità di questi concerti da camera, che si svolgono nel Salone di Collegio Raffaello, consente di cogliere le differenze fra strumenti della stessa famiglia ma di epoche e scuole di liuteria differenti. Nell'excursus temporale del programma presentato da Susanne Scholz, figuravano nomi di compositori relativamente poco noti, come Bassano, Schop, Baltzar, Mell e Vilsmayr, le cui musiche sono state eseguite su tre differenti violini, con la straordinaria conclusione di due movimenti della Seconda Partita in re minore di Bach. Ma nella dimensione cameristica del Salone ha risuonato anche il dialogo fra più strumenti, come cornetto, violino, due tromboni e organo dell'impeccabile Concerto Palatino, che ha presentato un programma di capricci, canzoni da sonar e fantasie seicentesche, ironicamente intitolato "Un rumore magnifico", o tra flauto traverso, due violini, viola e violoncello della eccellente Accademia Ottoboni, che si è spinta fino al secondo Settecento.

Data la forza trainante dei corsi di UMA, è stato un piacere vedere giovani di talento di diversi paesi suonare nella European Union Baroque Orchestra. Nello splendido cortile del Palazzo Ducale la formazione giovanile che si rinnova periodicamente ha aperto la sua brillante performance diretta da uno scatenato Lars Mortensen e dedicata ai compositori attivi a Londra all'epoca di Handel con una suite di un sassone meno noto, Johann Ernst Galliard, proseguendo poi con un concerto per flauto dolce di William Babell, che ha sorpreso anche grazie al talento del solista Jan Van Hoecke, e composizioni di Handel, Geminiani e Sammartini. Il clima di familiarità che si respira ad Urbino Musica Antica è frutto di una lunga tradizione e della capacità di trasmettere la teoria e la pratica di una musica che non si finisce mai di scoprire. La musica antica, termine con il quale si abbracciano epoche e culture diverse, tra Medioevo, Rinascimento e Barocco, è un terreno di indagine che mette continuamente alla prova gli studiosi e soprattutto gli interpreti, e che richiede un costante lavoro di ricerca e approfondimento. Ci sono studenti di tutte le età e nazionalità tra i frequentatori assidui e quelli nuovi, e le annate possono essere più o meno buone. Questa sembra promettente e si vedono già i primi risultati dei differenti corsi. Basta entrare in una qualsiasi aula della Scuola elementare Pascoli, sede principale delle attività didattiche, e vera e propria scatola sonora, per vedere docenti e allievi in azione e cogliere la qualità che contraddistingue questa manifestazione, che è un punto di riferimento storico. L'intreccio fra teoria e pratica a volte assume delle divertenti forme di narrazione o di sperimentazione empirica, per cui può capitare di vedere Antonio Carrilho steso a terra a fianco all'allievo che suona il flauto per aiutarlo a percepire la corretta respirazione, o Lia Serafini eseguire dei passi di danza con una allieva per farle comprendere la logica metrica di un'aria, o ancora dei mattoncini di colori diversi utilizzati da Fratelli per illustrare le mutazioni del sistema della solmisazione guidoniana, o l'immagine mentale suggerita da Claudia Caffagni dei panini farciti per aiutare la memorizzazione della disposizione di breves e longae nelle ligaturae della notazione tardo medievale di Francone da Colonia. O ancora ascoltare una dottissima visualizzazione verbale di Enrico Baiano nella quale temi e sezioni di toccate, partite e altre musiche strumentali, assumono i sembianti drammaturgici di personaggi sulla scena di una immaginaria opera. A qualunque ora del giorno c’è qualcuno che sta accordando, studiando, o provando, e oltre ai concerti del programma ufficiale, ci sono eventi estemporanei capitanati a volte dagli allievi dei corsi di danza. Questi hanno affollato entusiasticamente il concerto di Evangelina Mascardi e Lincoln Almada dedicato alla ida y vuelta di ritmi di danza fra Penisola Iberica e America Latina, e se avessero potuto si sarebbero volentieri messi a ballare. Siamo a metà del Festival e c’è ancora molto da raccontare.

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