Sostiene Lang Lang

Il pianista cinese docente a Torino

Recensione
classica
Sale sul palco, si toglie i guanti neri, e confessa che ha dormito solo tre ore dopo il concerto dell’altra sera, chissà quante ore avranno dormito i tre studenti del Conservatorio torinese (Chiara Biagioli, Giovanni Martinotti Carraria e Davide Cava) che dovevano suonare davanti a lui? La due giorni torinese di Lang Lang (prima tappa del suo Viaggio in Italia realizzato insieme alla Rai e che lo porterà poi a Roma, Firenze, Milano e Lampedusa) si è conclusa ieri pomeriggio nel Salone gremitissimo del Conservatorio Verdi dove il pianista cinese ha tenuto una masterclass davanti a studenti, docenti e pubblico che poteva entrare gratuitamente. Il Lang Lang docente è serio e spiritoso, non gigioneggia per conquistare la platea, mette a proprio agio i tre giovani allievi prescelti, è prodigo di complimenti, risponde con sincerità alle domande di bambini e adulti. Il tutto sotto l’occhio di telecamere e steadycam perché se i concerti del Viaggio in Italia vanno in diretta su Rai5 (il recital di martedì sera dall’Auditorium Rai Toscanini di Torino è stato visto da 175.000 spettatori) e Radio3, l’intero viaggio sarà documentato da un film vero e proprio.

Si capisce molto della sua personalità e del suo modo di suonare sentendolo parlare con i ragazzi, ascoltando i suoi consigli. Ascolta Chopin e corregge. «Questa è una Polonaise, è una danza, non sento la danza», la canticchia, batte il tempo con le mani, la suona, la fa risuonare e senti che il giovane allievo ha subito cambiato la sua interpretazione. Chiede che Prokofiev sia più sognante, vuole più fuochi d’artificio in Liszt, vuole che emerga la personalità dell’interprete e poi, sottolinea: «l’inizio, l’attacco è fondamentale, non è una cosa che si può buttare via, la musica inizia dal silenzio». E quante volte ai suoi giovani allievi dice ssst mettendo l’indice sul naso e chiedendo di suonare più piano. Nella parafrasi lisztiana di Rigoletto, canta, si sbraccia, schiaccia le spalle dell’allievo, discetta di muscoli della mano («Da ragazzino ho incontrato Murray Perahia, e mi ha chiesto se avevo i muscoli, io credevo si riferisse agli addominali e invece lui parlava dei muscoli della mano!»), di posizioni, insomma un trascinatore.

Alla fine risponde alle domande del pubblico ( c’è anche chi gli chiede di suonare la Rapsodia ungherese di Liszt o musica cinese!) e poi augurando a tutti «Il meglio per i vostri studi» conclude «La musica è un’altra lingua, se parli solo a te stesso non funziona, la musica vuol dire condividere”. Dopo è assalto come a una rock star, per un autografo, per un selfie. Chi ha detto che non c'è più pubblico per la musica classica?

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