Paleariza 2 / Tradizione o no

Ultime puntate dal festival calabrese, che dà appuntamento al 2015

Recensione
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Dal 9 al 20 agosto, il festival Paleariza è entrato nel vivo di una fitta programmazione con undici concerti distribuiti nell’arco di nove serate. Grande protagonista la musica da ballo di Calabria, Puglia e Sicilia. Dall’isola, il sestetto I Beddi ha scalato le ripide curve che portano a Bagaladi per un concerto – aperto dalle personali liriche di Pino Piromalli - che ha per protagoniste la voce versatile di Mimì Sterrantino, le corde e il tamburello di Davide Urso e l’organetto e la zampogna di Giampaolo Nunzio: ce n’è in parti uguali sia per chi ama ascoltare i brani della tradizione o di nuova composizione, sia per chi viene a ballare. Gran finale con il marranzanu di Luca Recupero, per una volta ad accompagnare il gruppo come tecnico del suono.

Ben tre i concerti dal Salento e dintorni: dalla Murgia meridionale sono giunte a Chorìo tu Richudìu le musiche agro-pastorali del trio Contraggiro; Bova/Chora tu Vua ha ospitato i salentini Officina Zoè e ballato al ritmo dei tamburi e delle voci di Cinzia Marzo, Silvia Gallone e Lamberto Probo; mentre la piazza di Palizzi ha ricevuto la scossa di Claudio "Cavallo" Giagnotti e dei Mascarimirì con Alessio Amato a miscelare sapientemente pizzica e sound system. Altrettanto irresistibile è stato l’invito a ballare della Calabria Orchestra convocata a Palizzi da Ciccio Nucera, un gruppo che, per quanto numeroso “non ha bisogno di prove”, grazie alla consuetudine con i brani in repertorio e fra i musicisti, con le voci di Nucera, di Roberta Palumbo, di Peppe Sapone e il tamburello di Peppe Zindato a fare da battistrada, punteggiate dagli interventi di strumentisti come Domenico Menniti alle chitarre o, il più giovane, ma non meno efficace Gabriele Macrì ai fiati e alla lira. Un’orchestra capace di offrire dinamiche articolate e, all’occorrenza, di ridurre l’organico per far sì che le tammurriate di Simone Carotenuto abbiano lo spazio che le si addice. Dal Cosentino hanno raggiunto e fatto scatenare Palizzi Marina gli arberesh Bashkim, mentre un’ampia rassegna di musicisti che frequentano il repertorio tradizionale calabrese l’ha offerto il classico appuntamento del 16 agosto a Bova/Chora tu Vua, prima del pirotecnico “camiddu” fatto ballare da Mimmo Vazzana. Ma quasi tutti i concerti sono stati l’occasione per proporre, dopo il gruppo in cartellone, i “soni a ballu” con organetti, zampogne e tamburelli locali.

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Alle tradizioni locali delle isole e del Sud Italia guardano con convinzione anche le Tre Sorelle (che spaziano fra Sardegna e Puglia attingendo a ricerche personali), protagoniste a Razzà (Brancaleone), e il quartetto di scena a San Lorenzo Lamori Vostri che ha per protagoniste Lavinia Mancusi, Monica Neri e Rita Tumminia e una chiave narrativa tutta al femminile.

Magistrale anche la voce di Farzaneh Joorabchi che a Roghudi vecchia ha trovato nel kamanche di Amir Nazari Salari e nel daf e zarb di Mani Emad due fedeli compagni per un viaggio attraverso le diverse tradizioni iraniche, accanto a letture di Omar Khayyam proposte e interpretate con passione da Maria Pia Battaglia.

Il gran finale a Bova/Chora tu Vua è stato offerto da Aziz Sahmaoui: la sua voce, la sua mandola e il suo ngoni interagiscono con tutta l’energia necessaria con le percussioni di Adhil Mirghani, la chitarra di Hervé Sambe, il basso elettrico di Hilaire Penda e le tastiere di Smail Benhouhou dando vita ad un vortice che dal Marocco riporta le musiche gnawa nell’Africa Subsahariana. E’ la University of Gnawa, le liriche immediatamente recepite dal numerosissimo pubblico di brani come "Maktoube", aiutati anche dal clima che regala al palco una nuvola che, nelle parole del direttore artistico Ettore Castagna “non si possono permettere neppure i Pink Floyd”.

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La soddisfazione è evidente per i buoni risultati della XVII edizione del festival, occasione di ascolto e ballo, ma anche di teatro, trekking, turismo sostenibile. L’appuntamento all’estate 2015 è già confermato, ma non è detto che l’inverno non riservi qualche sorpresa.

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