Paleariza 1 / La strada antica

È cominciato il festival nella Calabria jonica

Recensione
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“Ti porpatì sti stràtandu em betti mai / Chi cammina per la sua strada non cade mai” recita il sottotitolo della nuova edizione del festival Paleariza, il festival di musiche del mondo che nelle prime tre settimane di agosto tesse la sua tela fra i centri dell’area grecanica dell’Aspromonte, undici i comuni coinvolti. In effetti, arrivato alla diciassettesima edizione, il festival ha saputo riproporre con ottimi risultati la sua formula pionieristica – un mix di musiche locali, di tradizione italiana e del mondo, d’autore nei luoghi meno frequentati della costa jonica e dell’entroterra abbinato a una serie di trekking – continuando ad alzare la posta: chi avrebbe scommesso che sotto la Rokka tu Dràku / Rocca del Drago, un paio d’ore d’auto all’interno dell’Aspromonte, sarebbero state trecento le persone ad assistere all’ottimo L’acqua e l’oblio, l’atto unico di teatro-canzone che Maura Gigliotti e le voci e la chitarra di Viviana Raciti e Francesco Stilo ha dedicato all’abbandono di Africo?

In linea con l’atteggiamento coriaceo e di sapiente ricerca del festival sono i Musicanti del Piccolo Borgo, che a Condofuri hanno presentato il frutto di oltre trent’anni di ricerche – soprattutto in Molise e nell’alto Lazio, presentando soprattutto il repertorio raccolto nel recente Ecchite Maje, ma questa volta con Elvira Impagnatiello alla voce, ben inserita in una formazione oliata, felicemente condotta dai plettri di Silvio Trotta, con i fiati di Stefano Tartaglia e l’organetto (e la zampogna) di Mauro Bassano in bella evidenza. Altro organetto protagonista è stato a Staiti quello di Christy Leahy con le reels, le gighe, le slow air irlandesi dei Red Pack. In chiave acustica il festival ha registrato il ritorno in assolo dell’arpa di Giuliana De Donno: pur disponendo della sola arpa celtica, la sua maestria ha permesso un viaggio dall’Irlanda all’America Latina, sostando sulla culla italiana della tradizione arpistica, Viggiano.

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Al suo viaggio affascinante, il concerto di Bova ha abbinato un secondo viaggio, questa volta nel tempo: con maestria Maurizio "Nello" Mastroeni (chitarra e voce) ha saputo raccogliere in seno al progetto Nemas nove antichi e nuovi compagni di viaggio per una superba rilettura del repertorio dei messinesi Kunsertu (a vent’anni dal loro scioglimento), abbinando le voci di Egidio La Gioia e Faisal Taher, l’organetto e il marranzanu di Giacomo Farina, i fiati di Fabio Sodano e Orazio Maugeri, accompagnati da una dirompente sezione ritmica: Roberto De Domenico alle percussioni, e Matteo Brancato, Massimo Pino e Peppe Pullia a far macinare tastiere, basso elettrico e batteria. Ottimi anche i nuovi brani, con Taher e La Gioia a incrociare acuti e virtuosismi.

In chiave world, è approdato con Paleariza a Pentedattilo il viaggio intrapreso nel 2012 dal chitarrista finlandese Janne Halonen: si parte dal Benin e dai suoi ritmi voodoo, per poi dar forma ad una band di otto elementi che conferma i jazzisti finlandesi fra i pionieri dell’afrobeat in Europa: ascoltare per credere - etichetta No Problem!Music - l'album Beaucoup de Piment dello Helsinki-Cotonou Ensemble, sintesi di jazz, funk e afrobeat: grandi protagoniste le percussioni e la voce di Menard Mponda e i fiati di Joakim Berghäll (sassofono baritono) e Mikko Pettinen (tromba).

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Meno fortunato il viaggio di Vanghelis Merkouris, musicista greco di origine arbëreshë , attento, con i suoi plettri e la sua voce, alle diverse declinazioni delle musiche dei greci nel Mediterraneo. Purtroppo, nel cuore dell’area grecanica, a Gallicianò, non hanno potuto raggiungerlo gli altri tre musicisti del suo quartetto. Il quartetto velocemente raccolto per la serata del 3 ha, però, superato sé stesso, grazie alla sensibilità umana e musicale di tre maestri della percussione - Rshmi alle tablas e Ismahil Ba, djembé e talkin drum - e della chitarra, Marcello Pugliese. Merkouris ha potuto così coinvolgere il pubblico nel suo personale viaggio che parte dalle cristallizzazioni di tradizioni locali degli anni Trenta, per attraversare il Mare Nostrum, dai Monti Pindos a Fairouz, attraverso le musiche dei greci, approdando anche alla lira calabrese, con l’aggiunta, ma sarebbe meglio dire l’amalgama del direttore artistico del festival, Ettore Castagna. Già: e la Calabria: la serata iniziale a Palizzi ha visto proporre i propri brani migliori ben quattro band vecchie e nuove: Nuovo Suono Battente, il raggae dei Calabriamaica, Fabio Macagnino e i Musicofilia, pionieri sempreverdi capitanati dai plettri e dalla voce di Aldo Gurnari e dalla voce di Anna Larizza, capaci di proporre in musica le strofe di poeti grecanici quali Bruno Casile e Carmelo Romeo. Ma fino al 20 agosto Paleariza continua a proporre gemme, locali e non.

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