Sciamani d'autore

Cantautori vs. cantanti pop in Val Camonica

Recensione
pop
Dei tanti festival che infestano questo strano Paese uno dei più strani è Dallo sciamano allo showman. Il taglio radicale dei fondi ha aperto, mi sembra, una doppia via al fare festival oggi: da un lato si è persa la “cultura della direzione artistica”, per cui si è finiti per fare programmazione intercettando i musicisti in tour. Dall’altro, si è puntato sulla direzione artistica, cercando – magari con meno fondi – di essere originali, “strani”. Ecco il nostro caso. Basterebbe il nome – quale mente concepirebbe un nome come “Dallo sciamano allo showman”? – ma ci aggiungiamo anche il luogo: la Val Camonica, sito Unesco per le incredibili incisioni rupestri (ecco spiegato lo “sciamano”). E, soprattutto, l’intestazione: Festival della Canzone d’Autore Umoristica. Un aspetto “laterale” eppure storicamente fondamentale della canzone d’autore, che nel suo cliché, solitamente, ha finito per essere quella dei cantautori lamentosi e cuorinfranti. Il Festival, con le sue idee e la sua "stranezze", è arrivato al decimo anno di età… in versione “Pillole di Shomano”, per il «nefasto periodo congiunturale», come spiega il direttore artistico Nini Giacomelli.

Lo scorso sabato, a Capo di Ponte, in uno degli ultimi appuntamenti per il 2012, il festival ha presentato un libro promosso insieme al suo storico partner, il Club Tenco: Canta che ti spossa. La fatica di fare il cantautore, edito da Liberodiscrivere, e ha condito la presentazione con un mini-live del cantautore catalano Joan Isaac e di Patrizia Laquidara.



Immagine rimossa.

Canta che ti spossa è uno snello libriccino che raccoglie, fra le altre cose, la trascrizione di un convegno tenuto proprio al festival sciamanico sulla differenza fra “canzone d’autore” e “canzone pop”, con – fra i molti – Enrico de Angelis, Annino La Posta e Sergio Secondiano Sacchi del Club Tenco e tre cantautori transitati dallo scorso festival di Sanremo: Roberto Vecchioni, Davide Van De Sfroos e Mauro Ermanno Giovanardi.

L’argomento non è ozioso, se si pensa come la stessa “canzone d’autore” si definisca in opposizione con una qualche nemesi “pop”, “leggera”, “commerciale” o “mainstream” che sia, e come il riconoscimento stesso di una canzone come “d’autore” riguardi la stessa attività critica, fra giudizi (e pregiudizi) di qualità. Il libro non dà risposte che non può dare, ma attacca il problema da più lati e con più voci, comprese alcune “d’autore”. Citiamo almeno un aforisma di Vinicio Capossela, fra gli intervistati (con Paolo Conte, Peppe Voltarelli e Antonio Ricci), che invita a fare una distinzione, «tra quella musica che ti obbliga ad accenderti una sigaretta perché ti pone in relazione con qualcosa di incompiuto o che hai mancato nella tua vita» e quella «che ti mette voglia di bere un bicchiere, e provarci con una ragazza…». In entrambi i casi, potere (sciamanico?) della canzone.

(Prossimo e ultimo appuntamento del festival per il 2012: a Brescia il 29 novembre, Lucilla Giagnoni e Quartetto Euphoria, in La scuola sonate: maestronze e genitorazzi, reading dall’omonimo libro di Nini Giacomelli)

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