Tenco dalla A alla Z

Riflessioni a caldo sulle Targhe Tenco 2012

Recensione
pop
Un paio di riflessioni a caldo sulle Targhe Tenco 2012 – dal momento che, a mezzo social network, blog e quant’altro – in molti si indignano (spesso) o si esaltano (raramente) per i risultati di quello che, a tutti gli effetti e pur con i limiti del caso, rimane il maggiore riconoscimento in Italia per la canzone di qualità.
La targa per il miglior disco l’hanno presa due dischi molto diversi tra loro, Padania degli Afterhours e Come il suono dei passi sulla neve di Zibba. Non è necessario li abbiate ascoltati: dalla "A" di Afterhours alla "Z" di Zibba, anche solo leggendo i titoli dei due dischi, passano tutte le contraddizioni interne alla giuria (e quindi al giornalismo musicale italiano) e al concetto stesso di "canzone d'autore": una linea "tradizionalista" (Zibba) intende la canzone d'autore sui modelli dei Grandi Maestri Cantautori; un'altra ha del genere una visione più "progressiva", attenta alle sue declinazioni in altri generi - tipicamente, il rock indipendente. Questa linea ha portato alla vittoria gli Afterhours, così come in passato aveva premiato Le Luci della Centrale Elettrica.
É una contraddizione che si può non amare, ma è a suo modo fertile, e rispecchia i gusti della critica italiana oggi... Almeno in parte, come dirò oltre.

Io, che appartengo alla fascia dei "giovani" della giuria del Tenco, sposo senza ripensamenti la linea "progressiva": ho votato (tanto i voti sono pubblici) con convinzione Il Teatro degli Orrori - perché penso il loro Mondo nuovo sia un disco importante e pesante - ma avrei potuto serenamente dare il voto agli Afterhours. Così come ho votato Colapesce (che ha vinto! Ne ho preso uno su quattro...) perché credo rappresenti una delle cose più fresche in circolazione, in mezzo ai tanti saputelli della categoria dei "cantautori furbi".

Guardando lo "storico" della targa esordienti si capiscono invece le contraddizioni del "gusto della giuria" di cui dicevo sopra. In anni recenti hanno vinto personaggi poi arrivati a carriere importanti, o già avviati su carriere di un certo livello (Vasco Brondi e Colapesce fanno parte di questa categoria. Carlot-ta e I Cani, se avessero vinto l'anno scorso, ne farebbero parte), e perfetti carneadi destinati, forse anche giustamente, all'oblìo della storia.
Spesso vince, insomma, la pigrizia e/o l'oggettiva difficoltà di ascoltare tutto, che rappresentano lo spazio di manovra degli uffici stampa, veri protagonisti delle votazioni del Tenco. Io stesso, che edito pagine di recensioni dedicate espressamente al folk e alla world music, non riesco ad ascoltare tutti i dischi in dialetto che potrebbero essere candidati. Il Gino Castaldo o il Luzzatto Fegiz di turno li avranno ascoltati?
Confermano questa tesi le altre due targhe di quest'anno, andate ad Avitabile (dialetto) e Baccini (interprete). Bello il disco del primo, che aveva già vinto nel 2009, ma forse se tutti i giurati avessero ascoltato lavori splendidi come quelli di Incudine, Lou Dalfin (per la cronaca, ho votato loro), Raiz & Radicanto e Lautari, avrebbero votato per il volto noto del mazzo? Ha vinto, insomma, la visibilità giustamente ottenuta da Avitabile per il documentario su di lui girato da Demme.
Su Baccini (io avevo votato Sepe per motivi ideologici), può valere un discorso simile: con l'aggravante che, a mio avviso, un disco su Tenco, oggi, al Tenco, è davvero fuori tempo massimo...

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