Teorie e pratiche della sonorizzazione

Fennesz e Stearica alle prese con due film tedeschi a MITO

Recensione
pop
Da quando esiste l’iPod, in diversi si sono dedicati a studiarne l’impatto sul nostro modo di ascoltare e muoverci in spazio sonoro ridisegnato dall’ascolto in cuffia. In particolare ha affascinato molti lo shuffle mode (l’ascolto casuale), per quell’improvvisa capacità di accostare una musica pescata fra mille da un deposito di file ad alta compressione a quello che si sta vedendo e vivendo in quell'istante: situazioni, stati d’animo, immagini, creando – nei momenti più fortunati – nuovi significati ed emozioni imprevedibili.
È successo all’incirca questo alla prima delle due sonorizzazioni di MITO, quella “composta” da Christian Fennesz per Berlin: Die Sinfonie der Großstadt di Walter Ruttmann. Musica magnifica, capace di riassumere al meglio lo stile più recente del musicista austriaco fra glitch, tappeti elettronici e schitarrate rock. Una versione anche meno dilatata e più “easy listening” del marchio Fennesz, con momenti di grande lirismo. Ecco, appunto: momenti. Fennesz sceglie di non appoggiarsi al montaggio di Ruttmann – pure dotato di un suo fortissimo sentimento ritmico – “asfaltando” il tutto con un flusso continuo di pensieri musicali (non rispettando sempre nemmeno la scansione interna in atti). Operazione lecita? Scelta stilistica? Pigrizia creativa? Difficile a dirsi, e altrettanto vero è che una sonorizzazione più didascalica, in un film così fortemente simbolico e non narrativo sarebbe suonata stucchevole… Eppure, così facendo, Fennesz si perde per strada molto, per esempio il continuo lavorìo di Ruttmann su simboli ricorrenti (gli automi pubblicitari, per esempio, che affiorano a più riprese, o le immagini di treni). Quale deve essere lo scopo di una sonorizzazione? Aggiungere significati? Crearne di nuovi? Supportare un’interpretazione di quelli già presenti su pellicola? O essere uno shuffle mode, nel bene e nel male, ricreando nella performance quello che succede comunemente ascoltando l'iPod sul tram?

ESPERIMENTO: qui sotto il film di Ruttmann senza musica. Attivate l'ascolto casuale e guardatevelo!



[tra le righe: forsennata l’idea di ospitare la sonorizzazione al Blah Blah di via Po, bellissimo locale, ma piccolissimo. Si può seguire un film con i rumori del bar e degli avventori a sonorizzare ogni abbassamento di volume della musica? E se la sonorizzazione è un nuovo paesaggio sonoro generato casualmente, i rumori dei bicchieri ne fanno quindi parte?]

Più tradizionale nell’approccio, e forse più riuscita artisticamente, la sonorizzazione dei torinesi Stearica di Der Golem, wie er in die Welt kam di Paul Wegener. Espressionismo tedesco “titanico” (per rubare l’aggettivo ad Alberto Campo, direttore artistico di Traffic, che co-produce la serata con MITO e Museo del Cinema) che ben si adatta al titanismo post rock degli Stearica. La scelta del trio è di non ignorare le suggestioni sonore della pellicola, senza però appoggiarcisi didascalicamente. I suoni presenti visivamente nel film (il rabbino che si batte il petto, il cigolìo di una porta, le grida, persino gli strumenti musicali) sono allusi nella musica, simbolicamente, alternando momenti fortemente minimalisti, elettronici, a cavalcate in fortissimo dall’alto tasso emotivo. Un buon servizio reso al film, prima ancora che alla splendida musica degli Stearica: il che, in una sonorizzazione, equivale ad aver lavorato bene.

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